(massima n. 1)
Il risarcimento del danno non patrimoniale non richiede che la responsabilità dell'autore del fatto illecito sia stata accertata in un procedimento penale, in quanto l'interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 2059 c.c. (Corte cost., sentenza n. 233 del 2003) comporta che il riferimento al reato contenuto nell'art. 185, c.p., comprende tutte le fattispecie corrispondenti nella loro oggettività all'astratta previsione di una figura di reato; inoltre il danno non patrimoniale non può essere identificato soltanto con il danno morale soggettivo, costituito dalla sofferenza contingente e dal turbamento dell'animo transeunte, determinati dal fatto illecito integrante reato, ma va inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla quale conseguano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica, senza soggezione al limite derivante dalla riserva di legge correlata all'art. 185 c.p. (In applicazione di siffatto principio, la Corte Cass. ha confermato la sentenza di merito, che aveva condannato il socio di una società cooperativa a risarcire agli amministratori della società il danno non patrimoniale loro cagionato con esposti lesivi della loro reputazione professionale, ritenendo irrilevante che la diffamazione non fosse stata accertata in sede penale).