(massima n. 2)
Nel caso di morte di un prossimo congiunto, un danno non patrimoniale diverso ed ulteriore rispetto alla sofferenza morale (c.d. danno da rottura del rapporto parentale) non può ritenersi sussistente per il solo fatto che il superstite lamenti la perdita delle abitudini quotidiane, ma esige la dimostrazione di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, che è onere dell'attore allegare e provare. Tale onere di allegazione, peraltro, va adempiuto in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non adeguatamente adempiuto il suddetto onere di allegazione da parte dei genitori di persona deceduta in un sinistro stradale che avevano domandato il ristoro - in aggiunta al danno morale - anche del danno c.d. esistenziale, allegando a fondamento di tale pretesa la perdita "del piacere di condividere gioie e dolori col figlio" e dei "riti del vivere quotidiano, quali potevano essere il cinema assieme alla sera, l'alternarsi alla guida della macchina, le vacanze, le telefonate durante la giornata, il caffè appena svegli, il pranzo, la cena, i regali inattesi").