(massima n. 1)
La connessione del delitto in materia sessuale con altro perseguibile d'ufficio, in forza della quale, ai sensi dell'art. 609 septies, comma 4, n. 4, c.p., si procede d'ufficio anche per il primo, è configurabile quando i due fatti siano intimamente legati tra loro in guisa tale da non potersi conoscere di quello perseguibile d'ufficio senza svelare anche la condotta integratrice dell'altro. Tale condizione può verificarsi anche se i fatti in questione siano emersi in tempi diversi ed abbiano dato luogo a procedimenti distinti, come pure indipendentemente dalla circostanza che per il reato perseguibile d'ufficio l'imputato sia stato assolto, salvo che l'assoluzione sia stata pronunciata per oggettiva inesistenza del fatto e riguardi tutti coloro ai quali il fatto medesimo era stato attribuito. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha ritenuto che correttamente fosse stata affermata la perseguibilità d'ufficio di un reato di violenza sessuale in quanto connesso con altro reato di partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso ed anche aggravato ai sensi dell'art. 7 del D.L. 13 marzo 1991, n. 152, conv. con modif. in legge 12 luglio 1991, n. 203, senza che in contrario potesse rilevare il fatto che il reato sessuale era emerso all'esito del giudizio di primo grado relativo all'altro reato e che da quest'ultimo l'imputato era stato assolto con la formula «non aver commesso il fatto», mentre altri imputati erano stati condannati, essendo rimasto, peraltro, accertato che la persona offesa, sotto il timore di gravissime rappresaglie, era stata costretta a diventare la «donna del clan» ed a soddisfare, come tale, gli istinti sessuali dei componenti del medesimo).