(massima n. 2)
La condotta consistente nella privazione della libertà di una persona finalizzata a conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione integra il delitto previsto dall'art. 630 c.p. solo allorché manchi un preesistente rapporto, quantunque illecito, con la vittima del reato, che abbia dato causa a quella privazione, mentre, quando quel rapporto sussista e ad esso siano collegabili il sequestro e il conseguimento del profitto, ricorre un'ipotesi di concorso tra il reato previsto dall'art. 605 c.p. e quello di estorsione. (Nella specie, in riferimento a un'associazione criminale dedita a favorire l'immigrazione clandestina nel nostro Paese, la S.C. ha ritenuto corretto l'operato del giudice di merito, che aveva qualificato come sequestro di persona ex art. 630 c.p. la privazione della libertà di un immigrato finalizzata al recupero della perdita economica sofferta dall'associazione a causa della fuga di altri suoi compagni, mentre aveva ritenuto la sussistenza del concorso tra sequestro di persona ex art. 605 c.p. ed estorsione la privazione della libertà di immigrati mirante ad ottenere da questi il prezzo dell'illecito loro ingresso nel territorio dello Stato.