(massima n. 1)
In tema di equa riparazione per il mancato rispetto del termine ragionevole del processo ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, il danno, patrimoniale o non patrimoniale, che si pretende venga indennizzato deve essere di volta in volta accertato e non può considerarsi conseguenza automatica ed indefettibile dell'eccessivo protrarsi del processo; peraltro, quando trattasi di danno non patrimoniale, la sua stessa natura ne rende plausibile sia l'accertamento mediante ricorso a presunzioni ed a fatti notori, sia la liquidazione con valutazione equitativa a norma dell'art. 1226 c.c. (disposizione, questa, richiamata dall'art. 2056 c.c., cui a propria volta fa riferimento l'art. 2 della citata legge n. 89 del 2001), sempre che — ad evitare che la valutazione discrezionale propria del metodo equitativo non si risolva in una quantificazione arbitraria — il giudice di merito fornisca nella motivazione del decreto, che può assumere anche caratteri di sommarietà, indicazioni sui criteri che lo hanno guidato nel giudicare proporzionata una certa misura del risarcimento.