(massima n. 1)
Il procedimento possessorio, sulla cui struttura non hanno inciso le modificazioni introdotte dalla legge n. 353 del 1990 ed, in particolare, la nuova formulazione dell'art. 703 c.p.c., è tuttora caratterizzato da una duplicità di fasi, la prima delle quali, di natura sommaria, si conclude con ordinanza reclamabile, e non ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost., avuto riguardo al carattere non decisorio, né definitivo della stessa, mentre la seconda fase, a cognizione piena, si conclude con un provvedimento che, definendo l'intero processo possessorio, si configura come sentenza, come tale, impugnabile con il rimedio dell'appello. Peraltro, ove nei confronti di tale provvedimento sia proposto, ed esaminato nel merito, il reclamo, anziché l'appello, anche la relativa statuizione va qualificata come sentenza, indipendentemente dalla forma adottata, con la conseguenza della ricorribilità di tale provvedimento per cassazione. Ove, peraltro, il provvedimento stesso, qualificato dal collegio decidente come ordinanza, risulti, in quanto tale, a norma dell'art. 134 c.p.c., sottoscritto solo dal presidente (non estensore), e non anche dal giudice estensore, come, invece, stabilito per le sentenze dall'art. 132 del codice di rito, esso, pur dovendo comunque essere definito come sentenza, tenuto conto della sua natura sostanziale – restandone, pertanto, esclusa la inesistenza giuridica – deve essere dichiarato nullo ex art. 161 c.p.c., e rinviato al tribunale per la pronuncia sull'appello, ove l'originario reclamo sia in questo convertibile per il fatto di possederne i requisiti (la relativa indagine spettando alla Corte di cassazione). Qualora, invece, manchino i presupposti della conversione, deve essere dichiarato inammissibile il rimedio esperito e cassata senza rinvio la decisione del tribunale che sul reclamo si sia pronunciata. Alla medesima conclusione la corte di legittimità deve pervenire nella ipotesi in cui il provvedimento impugnato sia firmato anche dal giudice estensore, ove valuti la insussistenza dei presupposti della conversione, essendo, al contrario, tenuta a decidere il ricorso in caso di esito positivo di detta indagine.