(massima n. 1)
In tema di liquidazione del danno morale, che, al di fuori dell'ambito applicativo delle lesioni c.d. micropermanenti di cui all'art. 139 del D.L.vo 7 settembre 2005, n. 209, costituisce una voce di pregiudizio non patrimoniale, ricollegabile alla violazione di un interesse costituzionalmente tutelato, da tenere distinta dal danno biologico e dal danno nei suoi aspetti dinamico-relazionali, e che è risarcibile autonomamente, ove provato, senza che ciò comporti alcuna duplicazione risarcitoria, il giudice di merito non può limitarsi a liquidare la componente "sofferenza soggettiva" mediante applicazione automatica di una quota proporzionale del valore del danno biologico, né procedere alla riduzione, anche questa automatica, dell'importo corrispondente a quella del danno biologico commisurato alla durata della vita effettiva del danneggiato, ma deve preliminarmente verificare se e come tale specifica componente sia stata allegata e provata dal soggetto che ha azionato la pretesa risarcitoria, provvedendo successivamente – in caso di esito positivo della verifica – ad adeguare la misura della reintegrazione del danno non patrimoniale, indicando il criterio di "personalizzazione" adottato, che dovrà risultare coerente logicamente con gli elementi circostanziali ritenuti rilevanti a esprimere l'intensità e la durata della sofferenza psichica.