(massima n. 1)
Ai fini della configurabilità della compensazione in senso tecnico di cui all'art. 1241 c.c., non rileva la pluralità o unicità dei rapporti posti a base delle reciproche obbligazioni, essendo invece necessario solo che le suddette obbligazioni, quale che sia il rapporto (o i rapporti) da cui esse prendono origine, siano «autonome», ovvero «non legate da nesso di sinallagmaticità», posto che, in ogni altro caso, non vi sarebbe motivo per escludere l'applicabilità della disciplina prevista dall'art. 1246 c.c., che tiene conto anche delle caratteristiche dei crediti (specialmente in relazione alla — totale o parziale — impignorabilità dei medesimi) proprio per evitare, tra l'altro, che l'operatività della compensazione si risolva in una perdita di tutela per i creditori. In ogni caso, escludere che, in alcune ipotesi, possa operare l'istituto della compensazione disciplinato dal codice, non può essere un modo indiretto per poi ammettere una sorta di «compensazione di fatto», oltre i limiti previsti dalla disciplina codicistica e in fattispecie in cui tale disciplina non ammetterebbe la compensazione. Le cosiddette «compensazioni atecniche», pertanto, in mancanza di espressa previsione testuale, non possono essere estese oltre le ipotesi in cui una compensazione non sia logicamente configurabile, dovendo, in ogni altro caso, ritenersi applicabile l'istituto della compensazione previsto dal codice, con i limiti e le garanzie della relativa disciplina. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, poiché il credito del ricorrente dipendente a titolo di pensione aziendale, pur avendo natura retributiva, era da considerarsi del tutto autonomo rispetto al credito vantato dal datore di lavoro, in difetto del nesso di corrispettività, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che era incorsa in errore di diritto avendo escluso che fosse configurabile un'ipotesi di compensazione in senso tecnico).