(massima n. 1)
In sede di procedimento speciale per convalida ai sensi degli articoli 657 e segg. del c.p.c., il pretore non può, a seguito dell'opposizione dell'intimato, sospendere il processo a norma dell'art. 295 dello stesso codice in attesa dell'esito di un giudizio penale sulla falsità del contratto di locazione posto a base dell'intimazione, potendo, per contro, previa valutazione dei gravi motivi di cui al successivo art. 665 non concedere l'ordinanza provvisoria di rilascio. In tale ipotesi infatti il provvedimento di sospensione (impugnabile — se emesso in un giudizio successivo all'1 gennaio 1993 — con regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., come novellato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353 e soggetto quindi al controllo di legalità della Corte di cassazione, pur nel silenzio della legge circa i motivi deducibili con il suddetto mezzo avverso provvedimenti non implicanti di norma questioni di competenza in senso tecnico) non è conforme ai presupposti richiesti dal menzionato art. 295, atteso che nel procedimento per convalida, una volta determinatasi per l'opposizione dell'intimato, la sua trasformazione in ordinario giudizio di cognizione, il potere del giudice resta limitato alla eventuale emissione dell'ordinanza di rilascio ex art. 665 stesso codice, di natura provvisoria ed insuscettibile di dar luogo a giudicato, sicché la sospensione, incidendo su un procedimento non idoneo a sfociare nella definitiva decisione della controversia, darebbe luogo ad una applicazione del cit. art. 295 c.p.c. contraria alla ratio della norma, la quale, mirando essenzialmente ad evitare un conflitto di giudicati, implica che alla sospensione provveda il giudice cui spetta di emettere sul giudizio da sospendersi una pronunzia suscettibile di diventare definitiva.