(massima n. 1)
Nella controversia che il creditore promuova davanti al tribunale fallimentare, per sentir riconoscere un debito contrattuale del fallito ed ammetterlo al passivo, deve negarsi la giurisdizione del predetto giudice, sulla domanda che il medesimo creditore proponga contro una societą straniera, con sede all'estero, facendo valere ragioni risarcitorie in forza di un autonomo e distinto rapporto contrattuale fra il fallito ed essa societą (nella specie, trattavasi di una vendita «a catena», avendo la societą straniera fornito la materia prima per la merce poi rivenduta dal fallito al creditore istante), in considerazione della mancanza di criteri di collegamento idonei all'affermazione di detta giurisdizione, compreso quello dell'art. 5, comma terzo della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (resa esecutiva con L. 21 giugno 1971, n. 804), riguardante il diverso caso delle obbligazioni da fatto illecito, nonché quelli fissati dal successivo art. 6 della Convenzione stessa, in difetto dei requisiti di connessione soggettiva ed oggettiva contemplati da tale ultima disposizione (alla stregua dell'estraneitą, nell'ambito della procedura concorsuale, della pretesa avanzata contro il terzo).