(massima n. 1)
Deve ritenersi ammissibile l'opposizione all'esecuzione dell'ordinanza emessa dal pretore ai sensi dell'art. 691 c.p.c. per la rimessa in pristino stato delle cose manomesse in violazione dei provvedimenti immediati presi dal giudice a seguito di denuncia di nuova opera, non essendovi alcuna norma che escluda dal campo di applicazione dell'art. 615 c.p.c., — disciplinante le opposizioni all'esecuzione in genere — le opposizioni contro le esecuzioni forzate degli obblighi di fare sorgenti dai provvedimenti di cui al citato art. 691. L'ordinanza — con la quale il pretore, dopo aver accertato che è stato contravvenuto al divieto da lui, in via cautelare, fatto di proseguire una nuova opera della quale gli è stata denunciata l'illegittimità, dispone, a norma dell'art. 691 c.p.c., la rimessa delle cose in pristino stato — perde ogni efficacia se nel frattempo sia riconosciuta con sentenza esecutiva (anche se non ancora passata in giudicato per la pendenza di ricorso per cassazione) la legittimità della nuova opera denunziata. Pertanto, in tal caso, per il sopraggiungere della suddetta decisione di merito, deve essere accolta — essendo venuto meno il titolo esecutivo — l'opposizione all'esecuzione dell'ordinanza emessa dal pretore ex art. 691 c.p.c. Il giudice, invero, deve applicare la volontà della legge quale risulta esistente al tempo della pronuncia, anche quando diversa è la situazione giuridica esistente al tempo della proposizione della domanda. D'altra parte, i provvedimenti immediati, presi a norma degli artt. 689 e 691 c.p.c., hanno carattere di misure provvisorie strumentali in attesa della pronuncia definitiva di merito e, pertanto, essi non possono considerarsi avulsi da quest'ultima, di cui mirano soltanto ad anticipare gli effetti e da cui sono destinati, quindi, a rimanere assorbiti e travolti.