(massima n. 1)
Il provvedimento con il quale un collegio arbitrale (nella specie, per arbitrato rituale) dichiari «non luogo a provvedere» rilevando la decorrenza del termine prefissato per il deposito del lodo a causa della totale inerzia delle parti non si limita ad evidenziare il mero decorso del termine per il deposito del lodo, ma contiene, in realtà, una valutazione sostanziale dei termini della lite, sia pure di segno negativo, con la conseguenza che la competenza a conoscere della relativa controversia non può ritenersi attribuita, in via successiva ed automatica, al giudice ordinario, poiché, diversamente opinando, alla parte intenzionata a sottrarsi all'operatività della clausola compromissoria sarebbe sufficiente promuovere il giudizio arbitrale per rimanere, poi, del tutto inerte in ordine alla determinazione della domanda ed alla formulazione delle prove (onde precludere al collegio arbitrale la possibilità di decidere), realizzando, così, il proprio intento di devolvere la controversia al giudice ordinario. Ne consegue che l'esaurimento del potere decisorio del collegio arbitrale in ordine alla definizione della lite deve, in tal caso, ritenersi preclusivo di ogni possibilità di trasferire la controversia dinanzi al giudice ordinario, essendosi il procedimento arbitrale svolto (e concluso) con un provvedimento esaustivo della funzione decisoria degli arbitri.