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Articolo 628 bis Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 04/04/2024]

Richiesta per l'eliminazione degli effetti pregiudizievoli delle decisioni adottate in violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertą fondamentali o dei Protocolli addizionali

Dispositivo dell'art. 628 bis Codice di procedura penale

1. (1)Il condannato e la persona sottoposta a misura di sicurezza possono richiedere alla Corte di cassazione di revocare la sentenza penale o il decreto penale di condanna pronunciati nei loro confronti, di disporre la riapertura del procedimento o, comunque, di adottare i provvedimenti necessari per eliminare gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione accertata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, quando hanno proposto ricorso per l'accertamento di una violazione dei diritti riconosciuti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali o dai Protocolli addizionali alla Convenzione e la Corte europea ha accolto il ricorso con decisione definitiva, oppure ha disposto la cancellazione dal ruolo del ricorso ai sensi dell'articolo 37 della Convenzione a seguito del riconoscimento unilaterale della violazione da parte dello Stato.

2. La richiesta di cui al comma 1 contiene l'indicazione specifica delle ragioni che la giustificano ed è presentata personalmente dall'interessato o, in caso di morte, da un suo congiunto, a mezzo di difensore munito di procura speciale, con ricorso depositato presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza o il decreto penale di condanna nelle forme previste dall'articolo 582, entro novanta giorni dalla data in cui è divenuta definitiva la decisione della Corte europea che ha accertato la violazione o dalla data in cui è stata emessa la decisione che ha disposto la cancellazione del ricorso dal ruolo. Unitamente alla richiesta sono depositati, con le medesime modalità, la sentenza o il decreto penale di condanna, la decisione emessa dalla Corte europea e gli eventuali ulteriori atti e documenti che giustificano la richiesta.

3. Le disposizioni del comma 2, primo periodo, si osservano a pena di inammissibilità.

4. Sulla richiesta la Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 611. Se ne ricorrono i presupposti, la corte dispone la sospensione dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza ai sensi dell'articolo 635.

5. Fuori dei casi di inammissibilità, la Corte di cassazione accoglie la richiesta quando la violazione accertata dalla Corte europea, per natura e gravità, ha avuto una incidenza effettiva sulla sentenza o sul decreto penale di condanna pronunciati nei confronti del richiedente. Se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto o comunque risulta superfluo il rinvio, la Corte assume i provvedimenti idonei a rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione, disponendo, ove occorra, la revoca della sentenza o del decreto penale di condanna. Altrimenti trasmette gli atti al giudice dell'esecuzione o dispone la riapertura del processo nel grado e nella fase in cui si procedeva al momento in cui si è verificata la violazione e stabilisce se e in quale parte conservano efficacia gli atti compiuti nel processo in precedenza svoltosi.

6. La prescrizione riprende il suo corso dalla pronuncia della Corte di cassazione che dispone la riapertura del processo davanti al giudice di primo grado.

7. Quando la riapertura del processo è disposta davanti alla corte di appello, fermo restando quanto previsto dall'articolo 624, si osservano le disposizioni di cui ai commi 1, 4, 5, 6 e 7 dell'articolo 344 bis e il termine di durata massima del processo decorre dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine di cui all'articolo 128.

8. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando la violazione accertata dalla Corte europea riguarda il diritto dell'imputato di partecipare al processo.

Note

(1) Disposizione inserita dall'art. 36, co. 1 D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").

Ratio Legis

Con questa disposizione, introdotta dalla riforma Cartabia, il legislatore ha colmato un vuoto normativo prevedendo un apposito rimedio impugnatorio per dare esecuzione alle decisioni definitive della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Spiegazione dell'art. 628 bis Codice di procedura penale

L’art. 628-bis c.p.p. (introdotto dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022) disciplina un rimedio ad hoc per l’esecuzione delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo. Questa impugnazione straordinaria sostituisce la c.d. revisione europea: cioè, l’istituto creato dalla Corte costituzionale (sent. n. 113/2011) che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 630 del c.p.p..

Il comma 1 prende in considerazione il caso in cui, a seguito di sentenza penale o decreto penale di condanna irrevocabile, il condannato e la persona sottoposta a misura di sicurezza abbiano proposto ricorso alla Corte EDU per l’accertamento di una violazione dei diritti riconosciuti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali o dai Protocolli addizionali e la Corte abbia accertato questa violazione o abbia disposto la cancellazione dal ruolo del ricorso a norma dell’art. 37 CEDU dopo il riconoscimento unilaterale della violazione da parte dello Stato italiano. Ancora, ai sensi del comma 8, bisogna ricomprendere anche l’ipotesi in cui la violazione accertata dalla Corte europea riguarda il diritto dell’imputato di partecipare al processo.

In questi casi, è possibile attivare il rimedio ex art. 628-bis c.p.p. e chiedere alla Corte di Cassazione di intervenire per eliminare gli effetti pregiudizievoli derivanti dall’accertata violazione dei diritti riconosciuti convenzionalmente.

I commi 2 e 3 stabiliscono i requisiti che la richiesta deve avere a pena di inammissibilità:
  • legittimato a presentare la richiesta è o l’interessato personalmente o, in caso di morte, un suo congiunto, a mezzo di difensore munito di procura speciale;
  • la richiesta deve contenere l’indicazione specifica delle ragioni che la giustificano;
  • la richiesta deve essere proposta con ricorso depositato presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento di condanna, nelle forme previste dall’art. 582 del c.p.p. (poi, dato che la competenza è della Cassazione, l’atto sarà trasmesso alla Corte);
  • la presentazione della richiesta deve avvenire entro novanta giorni dalla data in cui è divenuta definitiva la decisione della Corte europea o dalla data in cui è stata emessa la decisione che ha disposto la cancellazione del ricorso dal ruolo.

Ancora, insieme alla richiesta sono depositati anche il provvedimento di condanna (sentenza o decreto penale), la decisione della Corte europea e gli eventuali altri atti e documenti che giustificano la richiesta.

Non appena la richiesta ex art. 628-bis c.p.p. perviene alla Cassazione, la Corte procede ad un controllo sull’ammissibilità della richiesta. Infatti, il comma 4 precisa che, innanzitutto, la Corte verifica l’ammissibilità della richiesta in camera di consiglio a norma dell’art. 611 del c.p.p. (ossia, con un contraddittorio meramente cartolare).

Ai sensi del comma 5, quando la richiesta è ammissibile, la Cassazione passa a valutare l’incidenza effettiva che la violazione accertata dalla Corte europea ha prodotto sulla condanna. Nello specifico, la Corte accoglierà la richiesta quando l’accertata violazione convenzionale ha avuto, per natura e gravità, un’effettiva incidenza sul provvedimento di condanna pronunciato nei confronti del richiedente.

Dopo tale valutazione, la Corte dovrà scegliere lo strumento più adatto per rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione. Il comma 5 indica tre possibili vie:
  1. se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto o, comunque, il rinvio al giudice di merito risulta superfluo, la Corta assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la revoca della sentenza penale o il decreto penale di condanna che hanno concluso il procedimento in cui la violazione è stata accertata;
  2. se c’è la necessità di ulteriori accertamenti per rivalutare il contenuto dispositivo della sentenza o del decreto penale divenuti irrevocabili, la Cassazione trasmette gli atti al giudice dell’esecuzione;
  3. se sono necessari altri accertamenti di fatto ed è necessario il rinvio al giudice di merito, la Cassazione dispone la riapertura del processo nel grado o nella fase in cui si procedeva al momento in cui si è verificata la violazione (in questo caso, la Corte deve stabilire se e in quale parte conservano efficacia gli atti compiuti nel processo in precedenza svoltosi).

Nel caso di riapertura del processo, i commi 6 e 7 stabiliscono quanto segue in tema di prescrizione:
  • se il processo è riaperto dinanzi al giudice di primo grado, la prescrizione riprende il suo corso a far tempo dalla pronuncia della Corte di Cassazione;
  • quando la riapertura del processo è disposta davanti alla Corte di appello, fermo restando quanto previsto nel caso di annullamento con rinvio ex art. 624 del c.p.p., si applicano i termini stabiliti per la causa di improcedibilità (commi 1, 4, 5, 6 e 7 dell’art. 344 bis del c.p.p.) e il termine di durata massima del processo inizia a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine per il deposito del provvedimento.

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
L’indicazione contenuta nel criterio di delega va nel senso di superare l’assetto binario – da un lato, revisione europea e, dall’altro, incidente di esecuzione – fissato dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, a favore di un unico rimedio di nuovo conio, che affidi sempre alla Corte di cassazione la valutazione del dictum europeo, con un vaglio preliminare sul vizio accertato dalla Corte di Strasburgo.


L’istituto deve dare esecuzione al triplice obbligo di neutralizzazione e rivalutazione della sentenza e di riapertura del procedimento derivante dalla sentenza europea di condanna alla restitutio in integrum, conservando però un ragionevole margine di apprezzamento a tutela del giudicato nazionale.
Per questo, trattandosi di rimedio diverso, richiede una disciplina autonoma e differente rispetto alla ordinaria revisione.


Sulla scorta di tale considerazione, si è ritenuto di collocare la disciplina in un nuovo titolo III bis, sotto la rubrica Rimedi per l’esecuzione delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo. Le scelte caratterizzanti della nuova previsione possono essere sintetizzate come segue.
La norma di cui al comma 1 indica i casi in cui è possibile attivare il rimedio in questione e i soggetti legittimati, individuati esclusivamente nel ricorrente in sede europea, con conseguente esclusione dei terzi non impugnanti che avrebbero potuto vantare la medesima violazione. Sul punto, si è ritenuto che l’espresso riferimento contenuto nella delega al solo «soggetto che abbia presentato il ricorso» non consentisse un ampliamento in favore di soggetti diversi.
Per quanto concerne le decisioni della Corte Edu che legittimano l’attivazione della revisione europea, si è fatto riferimento non solo alle sentenze che accertino una violazione della Convenzione, ma anche alle ipotesi in cui sia disposta la cancellazione del ricorso dal ruolo ai sensi dell’art. 37 della Convenzione in conseguenza del riconoscimento della violazione da parte dello Stato.


Le norme di cui ai commi 2 e 3 disciplinano essenzialmente i profili procedurali della richiesta. In proposito, si stabilisce che essa debba, a pena di inammissibilità:
1. contenere «l’indicazione specifica delle ragioni che la giustificano»;
2. essere presentata personalmente dall’interessato o, in caso di morte, da un suo congiunto, a mezzo di difensore munito di procura speciale;
3. formulata con ricorso depositato presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza o il decreto penale di condanna nelle forme previste dall’articolo 582 c.p.p., entro novanta giorni dalla data in cui è divenuta definitiva la decisione della Corte europea che ha accertato la violazione o dalla data in cui è stata emessa la decisione che ha disposto la cancellazione del ricorso dal ruolo.
Si prevede, inoltre, che alla richiesta vadano allegati la sentenza o il decreto penale di condanna, la decisione emessa dalla Corte europea e gli eventuali ulteriori atti e documenti che la giustificano.


Circa la competenza della Corte di cassazione, non si è ritenuto necessario precisare che il procedimento debba essere assegnato a una sezione diversa da quella che ha eventualmente definito i ricorsi interni, trattandosi di riparto interno alla Corte che, in quanto tale, potrà essere disciplinato in sede tabellare. La norma di cui al comma 4 disciplina le modalità di trattazione della revisione europea, richiamando il giudizio camerale previsto dall’art. 611.
È integralmente richiamata la disposizione dell’articolo 635 c.p.p., in tema di sospensione della pena o della misura di sicurezza.


Come disposto al comma 5, superato il vaglio di ammissibilità, l’oggetto della valutazione rimessa alla Cassazione riguarderà l’individuazione della “incidenza effettiva” che la violazione convenzionale ha prodotto sulla condanna, cui seguirà la scelta in ordine allo strumento più adatto per rimuovere gli effetti pregiudizievoli, ivi inclusa – se del caso – la revoca della sentenza o del decreto penale di condanna.


Solo qualora la Corte di cassazione non sia in grado di provvedere direttamente, trasmetterà gli atti al giudice dell’esecuzione oppure, secondo le evenienze, disporrà la riapertura del processo nel grado e nella fase in cui si procedeva al momento in cui si è verificata la violazione, stabilendo se e in quale parte gli atti compiuti nel processo in precedenza svoltosi conservino efficacia.


Nei commi 6 e 7 vengono disciplinate talune delle conseguenze della riapertura del processo. In particolare, quanto alla prescrizione, la pronuncia di riapertura del processo viene sostanzialmente assimilata all’annullamento agli effetti di cui all’articolo 161 bis del codice penale, essendosi previsto che la prescrizione riprenda a decorrere - a far tempo dalla pronuncia della Corte - quando la riapertura del processo venga disposta davanti al giudice di primo grado (comma 6).


Ancor più evidente il meccanismo di assimilazione ai fini dell’improcedibilità. In tal caso, infatti, per l’ipotesi di riapertura del processo innanzi alla corte di appello, si è dettata una disposizione perfettamente corrispondente a quella prevista dall’art. 344 bis, comma 8, c.p.p., con la sola differenza che il termine di durata massima del processo decorre dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 128 c.p.p. (comma 7).


Al comma 8 si attua la previsione del criterio di delega, laddove si fa riferimento alla necessità di regolamentare i rapporti del rimedio in esame con la rescissione del giudicato. Al riguardo, si è ritenuto maggiormente coerente con la ratio della delega stabilire che le disposizioni sin qui esaminate trovino applicazione anche quando la violazione accertata dalla Corte europea riguardi il diritto dell’imputato di partecipare al processo.


Ulteriore conseguenza della riapertura del processo è la “riassunzione” della qualità di imputato, che viene disciplinata con apposita modifica della disposizione di cui all’articolo 60 c.p.p.


Con le disposizioni transitorie, inserite nello stesso decreto, si è provveduto a regolare i possibili profili di diritto intertemporale, stabilendosi in particolare:
- che nelle ipotesi in cui, in epoca anteriore all’entrata in vigore del presente decreto, sia divenuta definitiva la decisione con cui la Corte europea ha accertato la violazione, ovvero la Corte europea abbia disposto la cancellazione dal ruolo del ricorso a seguito del riconoscimento unilaterale della violazione da parte dello Stato, il termine di novanta giorni per la proposizione del nuovo rimedio decorra dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto;
- che, per i reati commessi in data anteriore al 1° gennaio 2020 (ovvero prima della legge n. 3/2019, che ha introdotto il c.d. blocco della prescrizione al momento della pronuncia della sentenza di primo grado) la prescrizione riprenda il suo corso in ogni caso in cui la Corte di cassazione disponga la riapertura del processo, e non solo allorquando quest’ultima venga disposta innanzi al giudice di primo grado.

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