Il procedimento disciplinato da questa norma è volto ad assicurare, secondo la formula usata dal secondo comma, la corretta attuazione o esecuzione dei preesistenti provvedimenti emessi in materia di esercizio della potestà dei genitori o di affidamento della prole
minore.
Per tale ragione si presenta come un procedimento sussidiario, con funzione esecutiva rispetto a quelli in cui il
provvedimento presupposto è stato emanato.
In passato, la dottrina era divisa sulle modalità di esecuzione da seguirsi; in particolare, si registravano i seguenti orientamenti:
-
una prima tesi riteneva applicabile la procedura di esecuzione per consegna e rilascio di cui agli artt. 605- 611;
-
secondo altra tesi si sarebbe dovuto dar luogo ad un'esecuzione amministrativa, favorita dall'esecuzione indiretta di cui agli artt. 388 comma 2 e 650 c.p.;
-
una terza tesi sosteneva l'applicabilità dell'esecuzione forzata degli obblighi di fare, considerato che il relativo procedimento di cui agli artt. 612 e ss. c.p.c. è in grado di coniugare le garanzie proprie del processo giurisdizionale con la flessibilità richiesta per la delicatezza degli interessi coinvolti.
Deve farsi osservare che l'art. 709 ter, pur essendo formalmente inserito tra le norme dettate per lo svolgimento del processo di
separazione personale dei coniugi, fa riferimento ai “genitori” anziché ai “coniugi” come le altre disposizioni del medesimo capo.
Ciò trova spiegazione nel disposto dell'art. 4, 2° co., L. n. 54/2006, ai sensi del quale le disposizioni della stessa legge si applicano non solo alla separazione personale dei coniugi, ma anche in caso di scioglimento, cessazione degli effetti civili o nullità del
matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.
Il presupposto applicativo comune di questa norma si individua nella precedente emanazione di un provvedimento avente ad oggetto le controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della potestà genitoriale e/o delle modalità dell'affidamento.
Tra i provvedimenti relativi alle "modalità dell'affidamento", in considerazione dell'ampiezza della formula usata, possono essere fatti rientrare anche i provvedimenti che stabiliscono obblighi suscettibili di una valutazione economica e che incidono sulla consistenza patrimoniale dei genitori.
Il primo comma si preoccupa di individuare subito il
giudice competente in quello del procedimento in corso, a condizione che tale giudice continui ad essere investito del processo a cognizione piena della causa di separazione, divorzio, nullità del matrimonio o decadenza della potestà dei genitori.
Nell'ipotesi di mancanza di un processo già pendente nel quale sia stato emesso il
provvedimento presupposto, la parte finale del primo comma della disposizione in esame dispone espressamente che per i procedimenti di cui all'
art. 710 del c.p.c. è competente il
tribunale del luogo di
residenza del
minore, da intendersi come residenza effettiva del minore.
Per quanto concerne la forma della domanda, il secondo comma espressamente stabilisce che la stessa deve rivestire la forma del ricorso, risultando così applicabili le prescrizioni di cui all'
art. 125 del c.p.c.; in difetto di un'espressa previsione contraria, si deve ritenere che per la proposizione del ricorso la parte deve avvalersi della necessaria assistenza di un difensore.
Stando alla lettera della norma, soltanto i genitori sono investiti della legittimazione ad instaurare il procedimento ex art. 709 ter, dovendosi così escludere la possibilità che sia nominato un
curatore speciale, ai sensi dell'
art. 78 del c.p.c. al minore interessato dal provvedimento di affidamento.
Ricevuto il ricorso, il giudice competente pronuncia decreto di convocazione dei genitori, fissando un'udienza di comparizione avanti a sé.
Nel silenzio della legge ed in ossequio ai principi costituzionali del giusto processo, si ritiene che il giudice, nel fissare il giorno dell'udienza, debba concedere al genitore
convenuto un termine adeguato per consentirgli di predisporre le opportune difese; inoltre,
ricorso e decreto devono essere notificati personalmente al genitore
convenuto, salvo che la parte sia già costituita in giudizio, nel qual caso la
notificazione può avvenire presso il
domicilio eletto.
Nulla viene dettato in materia di istruzione probatoria, ma non si può dubitare che il giudice possa svolgere, anche se in forma deformalizzata, gli atti istruttori indispensabili per la soluzione delle controversie proposte e per l'adozione dei provvedimenti opportuni.
Il secondo comma si preoccupa di stabilire una serie di possibili contenuti dei provvedimenti che possono essere adottati in esito al procedimento in esame, dovendosi distinguere due ipotesi fondamentali:
a) la soluzione delle controversie;
b) le inadempienze o violazioni.
Nulla viene stabilito in ordine alla forma che devono rivestire i provvedimenti ivi contemplati; si ritiene preferibile la tesi secondo cui tutti i provvedimenti possono essere assunti con ordinanza in corso di causa, considerato che si tratta di
misure coercitive da adottarsi in seguito ad una cognizione sommaria.
Il 3° co. dell'articolo in commento disciplina il regime di
impugnazione dei provvedimenti emanati sia per la soluzione delle controversie sia in caso di inadempienze o violazioni, stabilendo che gli stessi sono “impugnabili nei modi ordinari”.
Chiaramente questa previsione non può essere intesa come un rinvio generale ai mezzi ordinari di impugnazione di cui all'
art. 323 del c.p.c.; la stessa piuttosto, richiamando tutti i rimedi di carattere impugnatorio potenzialmente previsti dal codice di rito, pare dover essere interpretata nel senso che va fatto rinvio di volta in volta ai diversi rimedi esperibili, tenendo conto da un lato, dello specifico procedimento nel quale i provvedimenti sono pronunciati e dall'altro dello specifico contenuto che i provvedimenti in concreto recano.