Cass. pen. n. 12949/2021
In caso di reato commesso in stato di cronica intossicazione da alcool, la diminuzione di pena deve essere graduata in funzione della gravità della malattia e della sua incidenza sulla genesi della condotta antigiuridica, potendosi applicare una riduzione inferiore a quella massima consentita solo qualora risulti che l'autore sia stato indotto al reato anche da altri fattori, diversi dalla patologia e con essa concorrenti.
Cass. pen. n. 12896/2020
In tema di imputabilità, sebbene l'accertamento della capacità di intendere e di volere di chi è affetto da intossicazione cronica da sostanze stupefacenti spetti al giudice indipendentemente da ogni onere probatorio a carico dell'imputato, grava, tuttavia, su quest'ultimo l'onere di allegazione della documentazione attestante la sua tossicodipendenza cronica.
Cass. pen. n. 25252/2018
La situazione di tossicodipendenza che influisce sulla capacità di intendere e di volere è solo quella che, per il suo carattere ineliminabile e per l'impossibilità di guarigione, provoca alterazioni patologiche permanenti, cioè una patologia a livello cerebrale implicante psicopatie che permangono indipendentemente dal rinnovarsi di un'azione strettamente collegata all'assunzione di sostanze stupefacenti, tali da fare apparire indiscutibile che ci si trovi di fronte a una vera e propria malattia psichica.
Cass. pen. n. 190035/2017
L'alterazione richiesta per l'integrazione del reato di guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti, previsto dall'art. 187 cod. strada, esige l'accertamento di uno stato di coscienza semplicemente modificato dall'assunzione delle predette sostanze , che non coincide necessariamente con una condizione di intossicazione.
Cass. pen. n. 35872/2007
La situazione di tossicodipendenza che influisce sulla capacità di intendere e di volere è solo quella che, per il suo carattere ineliminabile e per l'impossibilità di guarigione, provoca alterazioni patologiche permanenti, cioè una patologia a livello cerebrale implicante psicopatie che permangono indipendentemente dal rinnovarsi di un'azione strettamente collegata all'assunzione di sostanze stupefacenti, tali da fare apparire indiscutibile che ci si trovi di fronte a una vera e propria malattia psichica.
Cass. pen. n. 7885/1999
Per escludere (o diminuire) l'imputabilità, l'intossicazione da sostanze stupefacenti non solo deve essere cronica (cioè stabile), ma deve produrre un'alterazione psichica permanente, cioè una patologia a livello cerebrale implicante psicopatie che permangono indipendentemente dal rinnovarsi di un'azione strettamente collegata all'assunzione di sostanze stupefacenti; lo stato di tossicodipendenza non costituisce, pertanto, di per sè, indizio di malattia mentale o di alterazione psichica.
Cass. pen. n. 5924/1995
Anche nel giudizio abbreviato in fase di appello, l'accertamento dell'imputabilità, quale capacità di intendere e di volere del soggetto, costituisce una verifica doverosa per il giudice, riguardando un presupposto necessario in mancanza del quale nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, e non è, quindi, riconducibile al concetto di acquisizione di nuove prove, per cui esisterebbe la preclusione rappresentata dalla particolarità del rito prescelto, connotato dalla decisione allo stato degli atti. (Nella fattispecie l'imputato aveva sostenuto di essere stato, al momento del fatto, in stato di semiincoscienza dovuto all'etilismo cronico di cui era affetto).
Cass. pen. n. 3191/1992
L'intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti di cui all'art. 95 c.p., in riferimento agli artt. 88 e 89 stesso codice, influisce sulla capacità di intendere e di volere se e in quanto, per il suo carattere ineliminabile e per l'impossibilità di guarigione, provoca alterazioni psicologiche permanenti, tali da far apparire indiscutibile che ci si trova di fronte ad una vera e propria malattia e che dal vizio di mente di cui agli artt. 88 e 89 c.p. debbono escludersi anomalie e forme di degenerazione del sentimento non conseguenti ad uno stato patologico.
Cass. pen. n. 10005/1991
Lo stato di cronica intossicazione da stupefacenti è ravvisabile solo quando l'assunzione di droga sia pervenuta a tale stato e grado da determinare nel soggetto una autentica affezione cerebrale o una permanente alterazione psichica sì da far concludere che, in realtà, si tratti di vero e proprio malato di mente. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Cassazione ha altresì precisato che la necessità di disporre nel dibattimento una perizia psichiatrica finalizzata ad accertare se dalla cronica intossicazione sia derivata infermità mentale deve emergere da gravi e fondati indizi).
Cass. pen. n. 15444/1990
In tema di imputabilità, non vi è necessaria coincidenza fra gli stati di tossicodipendenza o di tossicomania e la cronica intossicazione da sostanze stupefacenti di cui all'art. 95 c.p. Quest'ultima ricorre nei soli casi in cui l'abuso di droga abbia prodotto nel tossicomane un vero e proprio stato patologico permanente, il quale, alterando i processi intellettivi o volitivi dell'imputato, ne abbia escluso o gravemente scemato l'imputabilità.
Cass. pen. n. 7523/1990
L'intossicazione o lo stato di tossicodipendenza che, ai sensi dell'art. 95 c.p. e con riferimento agli artt. 88 e 89 stesso codice, influisce sulla capacità di intendere e di volere, è solo quella cronica, quella, cioè, che — per il suo carattere ineliminabile e per l'impossibilità di guarigione — provoca alterazioni patologiche permanenti, tali da far apparire indiscutibile che ci si trovi di fronte ad una vera e propria malattia psichica.
Cass. pen. n. 3073/1990
Non tutti gli stati di tossicomania o di tossicodipendenza inducono un'alterazione mentale o psichica del soggetto che assuma, anche abitualmente, sostanze stupefacenti, ma solo gli stati di intossicazione cronica e gravi i quali, determinando una vera e propria condizione patologica psicofisica, alterano i processi intellettivi o volontari del soggetto, annullando o scemando grandemente la sua imputabilità.
Cass. pen. n. 16814/1989
Ai fini dell'imputabilità penale, le intossicazioni esogene — fra cui rientrano quelle da alcool o da sostanze stupefacenti che incidono sul sistema nervoso — possono influire sulla ideazione del fatto criminoso e sulla condotta dell'agente quando siano stabilmente insediate nel soggetto, così da provocare alterazioni patologiche permanenti per la cronicità delle intossicazioni medesime e non quando alterino solo transitoriamente i processi ideativi e volitivi.
Cass. pen. n. 10218/1989
La cronica intossicazione da sostanze stupefacenti può influire sulla capacità di intendere e di volere, quando, per il suo carattere ineliminabile e per l'impossibilità di guarigione, provochi alterazioni patologiche permanenti, tali da far apparire indiscutibile che ci si trovi di fronte ad una vera e propria malattia.
Cass. pen. n. 5012/1988
Il codice penale vigente detta una disciplina dell'uso di sostanze stupefacenti distinguendo tre situazioni tra loro diverse: l'intossicazione «acuta» la quale provoca alterazioni transitorie delle facoltà intellettive e volitive dell'agente, attribuendo ad essa rilevanza sotto il profilo degli artt. 88 e 89 c.p. quando sia accidentale, e cioè dovuta a caso fortuito o a forza maggiore; l'intossicazione derivante dall'uso abituale di sostanze stupefacenti, configurata quale aggravante, alla duplice condizione che l'imputato abbia commesso il delitto sotto l'influenza della droga e sia dedito all'uso di essa (art. 94, terzo comma, c.p.); l'intossicazione cronica, prevista dall'art. 95 c.p., che il legislatore considera uno stato patologico assimilato alla infermità mentale o parziale di cui agli artt. 88 e 89 c.p. La linea di demarcazione tra l'uso abituale e l'intossicazione cronica da sostanze stupefacenti — sebbene problematica — deve essere individuata sulla base dei dati della scienza medica, il che comporta che occorrono accurate indagini per discernere i due stadi, in quanto l'uso di sostanze stupefacenti protratto nel tempo conduce, nella maggior parte dei casi, alla intossicazione, anche se clinicamente le due situazioni sono ben distinte. In ogni caso, già nello stadio iniziale e intermedio di psicopatologia, conseguente alla assunzione di stupefacenti, possono verificarsi casi di alterazioni della capacità di intendere e di volere, e non soltanto nel terzo stadio di deterioramento della personalità, con specifico riferimento all'attività criminosa rivolta al reperimento della droga e alla possibilità di fare uso della medesima. (Fattispecie relativa ad annullamento, per difetto di motivazione, poiché solo apparente, di sentenza che aveva ritenuto la piena capacità di intendere e di volere di un giovane tossicodipendente imputato di avere ucciso il padre che lo aveva rimproverato, avendolo sorpreso mentre stava assumendo una dose di eroina, senza disporre perizia psichiatrica, pure richiesta dalla difesa e senza condurre un esame approfondito, sul piano logico-giuridico e in un giudizio di sintesi, degli elementi atti a delineare la personalità dell'imputato medesimo).
Cass. pen. n. 11591/1985
La cronica intossicazione da sostanze stupefacenti condiziona tutto il comportamento del soggetto, incidendo nella sfera neuropsichica e provocando lo sfacelo della personalità, con carattere permanente, proprio di una malattia, così da escludere o diminuire grandemente la capacità di intendere e di volere. Invece l'intossicazione, anche grave, ma transeunte, non ha rilievo alcuno sull'imputabilità, in quanto le relative manifestazioni psichiche sono direttamente correlate all'azione perturbatrice delle sostanze stupefacenti nell'organismo umano, per cui una volta cessati i relativi effetti perversi, lascia il tossicomane in una situazione di normalità, salvo il suo stato di dipendenza che lo risospinge all'uso ripetuto della droga.
Cass. pen. n. 1180/1984
L'eroina esercita una devastante azione distruttrice sui sentimenti e sulla volontà di chi ne abusa, sì da distogliere, deviare ed alterare i primi, subordinati all'esclusivo interesse di comunque assicurarsi la droga, e da esaltare il dinamismo della volontà nella prevalente direzione di quell'interesse da incondizionatamente soddisfare, determinando, sotto il profilo giuridico, una condizione di inferiorità psichica. Il precario, apparente ed innaturale equilibrio scandito dalle periodiche assunzioni di droga — il ritmo delle quali è proporzionale al grado di assuefazione alla stessa — si labilizza col fatale esaurirsi degli effetti della dose di sostegno, sino a risolversi nella cosiddetta crisi di astinenza, che è condizione propriamente patologica, configurante un autentico vizio di mente.
Cass. pen. n. 2881/1983
La cronica intossicazione da alcool rappresenta lo stadio conclusivo dell'alcoolismo, caratterizzato da un impulso, ripetitivo e condizionante tutto il comportamento del soggetto, all'assunzione di sostanze alcooliche e da stabili perturbazioni di ordine fisico, specie nel campo somatico viscerale e vasale neurologico e psicologico, con alterazioni mentali progressive, profonde e definitive, sino allo sfacelo della personalità psichica, per cui l'individuo è, secondo le risultanze biologiche, un malato di mente, e la sua capacità, sotto l'aspetto giuridico, è permanentemente, secondo i casi, o esclusa o grandemente scemata.
Cass. pen. n. 902/1982
La cronica intossicazione da alcool differisce dalla semplice ubriachezza abituale perché determina un processo patologico permanente, non collegato necessariamente all'eccessiva ingestione di sostanze alcooliche.