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Articolo 1350 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Atti che devono farsi per iscritto

Dispositivo dell'art. 1350 Codice Civile

Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata(1), sotto pena di nullità [1351, 1392, 1403, 2725 comma 2](2):

  1. 1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili [812];
  2. 2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili, [978], il diritto di superficie [952 ss.], il diritto del concedente [960] e dell'enfiteuta [959];
  3. 3) i contratti che costituiscono la comunione di diritti indicati dai numeri precedenti [1100 ss.];
  4. 4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali [1027 ss., 1058], il diritto di uso [1021 ss.] su beni immobili e il diritto di abitazione;
  5. 5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti;
  6. 6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico [971];
  7. 7) i contratti di anticresi [1960 ss.];
  8. 8) i contratti di locazione di beni immobili per una durata superiore a nove anni [1572];
  9. 9) i contratti di società [2247 ss., 2251] o di associazione [2549] con i quali si conferisce il godimento di beni immobili [812] o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato;
  10. 10) gli atti che costituiscono rendite perpetue [1861 ss.] o vitalizie [1872 ss.], salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato;
  11. 11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari [713 ss., 1111 ss.];
  12. 12) le transazioni che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti [1965 ss.];
  13. 13) gli altri atti specialmente indicati dalla legge [14, 47, 162, 782, 918, 1284 3, 1351, 1392, 1403, 1503 comma 3, 1543 1, 1978, 2096, 2125, 2328, 2333 3, 2463, 2500, 2504, 2521, 2603, 2607, 2821, 2879; 29, 807, 813 c.p.c.; 237, 242, 249, 278, 328 ss., 375, 565 2, 852, 857, 864 c. nav.].

Note

(1) Il requisito di forma che la legge esige varia da un minimo, dato dalla forma espressa, come nel caso di fideiussione (v. 1937 c.c.) ad un livello più elevato, come nel caso di forma scritta. Il grado di forma più elevato viene richiesto per la donazione, a causa dell'importanza dell'atto di liberalità (v. 782 c.c.). Lo sviluppo della tecnologia ha condotto all'elaborazione di documenti anche informatici, per i quali la legge ha introdotto una serie di norme di regolamentazione (tra le altre, l. 15 marzo 1997, n. 59; d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82).
(2) La norma contempla una eccezione al principio di libertà delle forme (v. 1325 c.c.) e si riferisce alla forma ad substantiam, necessaria per la stessa validità del contratto. Questa si differenzia dalla forma prescritta ad probationem che indica la necessità che il contratto sia provato per iscritto.

Ratio Legis

La forma scritta è posta soprattutto a tutela di una o di entrambe le parti poiché serve ad attirare l'attenzione dei contraenti rispetto all'atto che stanno per compiere ed alla sua importanza. Inoltre, con l'atto scritto si certifica la volontà delle parti e si agevola la prova della sua esistenza (v. 2699 ss. c.c.).

Brocardi

Forma
Infirma est venditio si legis forma negligatur
Unumquidque dissolvitur eo modo quo colligatum est

Spiegazione dell'art. 1350 Codice Civile

Forma ad substantiam e forma ad probationem

Qualsiasi negozio esige una forma come presupposto di oggettiva riconoscibilità, come modo di espressione della volontà, come veste esteriore di questa; e pertanto non corrisponde alla realtà giuridica la distinzione dei negozi in formati e solenni e non formali o non solenni. E’ preferibile distinguere i negozi a forma vincolata da quelli a forma libera, a seconda che l'ordinamento giuridico prescriva un modo determinato di esternazione della volontà o lasci all'autonomia privata la scelta del modo stesso.

Nel nostro ordinamento, che presuppone l'autonomia della volontà (art. 1322), il principio della libertà di forma è fondamentale; però le disposizioni che contemplano una forma vincolata devono ritenersi di carattere eccezionale, suscettibili, se mai, d'interpretazione estensiva, non di interpretazione analogica.

Il vincolo della forma nei negozi inter vivos consiste quasi sempre nell'impiego della scrittura; ma non unicamente in questo impiego, come può apparire dal riscontro delle norme regolanti l'atto pubblico e l'autenticazione della scrittura privata. Scopo di tale formalismo è di fissare l'esistenza dell'atto e i1 momento a cui esso risale, di richiamare l'autore ad una serietà, e ad una maturità di determinazioni e alle conseguenze che esso comporta, di rappresentare le determinazioni di volontà in modo certo e permanente. Ma talora vi è da rimediare alla scarsa attendibilità delle prove orali ammissibili nel processo, che può far deviare i1 giudizio della verità; la imposizione di una forma allora, indirizza il giudice nella scelta dei mezzi idonei a creargli una convinzione.

La forma è quindi un limite all'autonomia privata imposto da considerazioni d'ordine sociale. Dalla sua duplice funzione è scaturita la distinzione fra forma ad substantiam (costitutiva) e forma ad probationem (probatoria), che si rispecchia in un duplice gruppo di disposizioni legislative preordinate alla diversa importanza pratica e giuridica riconosciuta dalla legge ai vari negozi.

Il primo gruppo di disposizioni si incentra nell'art. 1350, e comprende, oltre alla serie di negozi ivi elencati, tra gli altri, anche i titoli di credito e i negozi preveduti negli articoli 141, 472, 811, 1621, 1631, 1673, 203, 2091, 254, 484, 519, 601 e segg.; 782, 1351, 1392, 1403, 1503, 1543, 1862, 1978,2096, 2125, 2328, 2464, 24751, 25041, 2518, 2547, 2603, 2821, 2879, 2882 cod. civ., negli articoli 237, 249, 328, 565, 852, 857, 864, 1027 cod. nav. e negli articoli 807 e 808 cod. proc. civ. Per codeste fattispecie il vincolo della forma si risolve nell'imposizione di una documentazione costitutiva, cioè a dire comporta una rappresentazione del negozio, che è mezzo necessario ed insostituibile per rilevarne giuridicamente l'esistenza, senza della quale, cioè il negozio, esistente come fatto storico, rimane fuori dall'ordinamento giuridico. Pertanto il documento è assunto ad elemento del rapporto, rimanendo impedito che, in mancanza di esso, possa pretendersi l'adempimento dell'obbligazione, possa considerarsi trasmesso un diritto e possa ritenersi la prestazione eseguita. Solo nel caso di perdita incolpevole del documento che rappresentava l'esistenza del diritto, è possibile dare di questo la prova orale (per giuramento, per interrogatorio o per testimoni), sempre che nel contempo si dimostri che il documento era stato redatto nelle forme volute dalla legge. La disposizione del1'art. 2725 non è il solo limite di ammissibilità della prova orale di fronte ad una fattispecie di forma essenziale; senza un analogo limite per il giuramento e per l'interrogatorio, si riuscirebbe a dare rilevanza giuridica al negozio privo di forme, e si renderebbe inoperante la sanzione di nullità che si accompagna alla inosservanza della forma essenziale. La nullità o l'inefficacia (inter pastes) con la quale, negli articoli 162, 1631, 203, 2091, 6061, 7821, 1350, 1351, 1392, 1403, 1503, 1543, 1862, 1981, 2125, 2547, 2603, 2879, 2882 cod. civ., negli articoli 2371, 2491, 3281, 565, 852, 857, 864, 1027 cod. nav. e negli articoli 807 e 808 cod. proc. civ. si sanziona espressamente la mancanza della forma imposta dalla legge è chiaro indice del carattere essenziale di questa forma. Negli articoli 141,472, 811, 1673, 2541, 4841, 519, 2096, 2328, 2464, 2475, 2504, 2518, una sanzione di nullità invece non è prevista; ma questa opera ugualmente, essendo indiscutibile che, questo secondo gruppo di disposizioni, per il loro contenuto, considera la forma quale elemento della sostanza giuridica dell'atto. Notiamo che le forme richieste negli articoli 1351, 1392 e 1403 devono ritenersi costitutive solo quando concernono atti giuridici per i quali lo scritto è richiesto ad substantiam, il che sarà dimostrato a proposito dell'art. 1351.

Viceversa nelle ipotesi prevedute dagli articoli 1659, 1888, 1928, 1967, 2581, 2596 cod. civ. e dagli articoli 377, 385, 396, 903 e 939 cod. nav. non si dice, come nei casi di documentazione ad substantiam, in qual modo il negozio deve essere fatto o il rapporto costituito o il contratto stipulato; ma, con formula unica, si dice come il contratto deve essere provato. E’ chiaro che la documentazione, in questi casi, è imposta non come presupposto di acquisto del diritto, ma come presupposto del suo esercizio, per dare certezza di prova giudiziaria alla dichiarazione, e dare sicurezza all'accertamento della verità nelle contese giudiziarie. La dichiarazione perciò esisterà giuridicamente anche se non è documentata (documentazione ad probationem), ma nella sfera della privata efficienza. Gli effetti della sua esecuzione saranno definitivi, e, se la prova testimoniale è ammessa in casi eccezionali (articolo 2625), quella per giuramento o per interrogatorio non subisce alcuna restrizione.

Tanto la documentazione costitutiva quanto quella probatoria si attuano mediante la formazione di una scrittura; ma la documentazione probatoria non è mai vincolata ad una forma tipica di scrittura, mentre non mancano vincoli quando vi è obbligo di documentazione costitutiva. I1 vincolo di forma, in quest'ultimo caso è talora assoluto (negozio a forma assolutamente vincolata; atto pubblico: articoli 14, 1621, 163, 203, 209, 603, 604, 782, 1862, 2328, 2464, 2475, 2504, 2518; forma prescritta per l'atto principale articoli 1351, 1392, 1403), e tal'altra consente una scelta fra forme tipiche determinate (negozio a forma semilibera: atto pubblico o scrittura privata: articoli 81, 601 e segg., 1350, 2821, 2882; atto pubblico o testamento: 1673, 2541; dichiarazione presso notaio o cancelliere: 484, 519). Si noti che è documentazione costitutiva la documentazione riproduttiva, la quale rinnova il negozio precedente esprimendo una nuova volontà, salva l’ultrattività dei suoi effetti (v. ultra, sub art. 1352, n. 2); ma non è costitutiva la documentazione confessoria, che rappresenta storicamente il fatto anteriore senza creare mutamenti nella situazione preesistente, ed è quindi semplice dichiarazione di verità.


La forma come preteso oggetto di un onere

Si tende a considerare quale imposizione di onere la prescrizione di un vincolo di forma; ma sembra di poter dissentire da codesta tendenza.

Caratterizzato l'onere per la direzione del suo adempimento, che realizza l'interesse di colui al quale il vincolo e imposto, deve necessariamente sfuggire dalla sua sfera la forma che, come si è detto (supra, n. 1), intende a soddisfare un interesse sociale. L'interesse di chi è tenuto alla forma sarà, dall'adempimento di essa, solo mediatamente (occasionalmente) protetto; ma l'onere è posto come vincolo subordinante la tutela di un interesse principale, però anche da questo aspetto l'onere non si può esplicare come forma.

Si aggiunga che, se il negozio è contrattuale, la forma è imposta a tutte le parti, e ciascuna ha il potere di pretendere che i1 negozio sia rappresentato secondo l'imperativo della legge; in caso di rifiuto, quando non fosse possibile ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto (art. 2932), vi sarebbe sempre una responsabilità precontrattuale. Ciò fa intendere che dall'inosservanza della forma non sempre consegue soltanto la c. d. autoresponsabilità che è l'antecedente immediato dell'onere, ma può sorgere anche una responsabilità verso la controparte o il destinatario degli effetti dell'atto soggetto a formalismo, e fa intendere pure che, in conseguenza dell'imposizione di una forma, si determina talora un vincolo della volontà altrui assieme al vincolo della volontà propria: con che si evade certamente dall'orbita dell'onere, al quale non si addice un atteggiamento rispecchiante (sia pure in particolari fattispecie) gli aspetti dell'obbligo e, in un profilo bifronte, anche quelli di una situazione meramente attiva.

Codesto secondo profilo d'obbligo che il c.d. onere di forma può assumere, convince a dire che il vincolo posto dalla legge mediante la forma (a prescindere per un momento dal carattere sociale dell'interesse che esso protegge) deve rispettarsi, non soltanto perché abbia a conseguirsi l'effetto atteso da colui che vi è tenuto, ma perché possa attuarsi anche quello correlativo, al quale aspira la controparte o il destinatario degli effetti; in modo che con l'adempimento della forma si influirebbe sulla sfera altrui: anche da tal riguardo si evade certamente dal concetto di onere. Può darsi che questa critica investa lo stesso concetto di onere; ad ogni modo essa non si supera col sostenere che la forma agisce solo di riflesso nell'orbita altrui, perché gli effetti che essa produce sono sempre correlativi e contrapposti per chi è tenuto ad osservarla o ha interesse (principale ad occasionale) a farla osservare. In modo che l'influenza notata si pone per tutti sul medesimo piano.


Casi dubbi di forma negoziale: la consegna nei contratti reali, la pubblicità, l’uso di fogli bollati

Non è forma del negozio la consegna della cosa, imposta come elemento di perfezione nei contratti reali, perché essa non obbedisce all'esigenza della serietà del negozio, ossia del carattere fermo e definitivo della determinazione causale, ma è parte integrante dello stesso regolamento di interessi dedotto a contenuto del negozio. In realtà la consegna si esige per un'attuazione anticipata dell'obbligazione di dare, che sorgerebbe se il contratto fosse obbligatorio: con che diviene coeva alla perfezione del contratto l'assunzione dell'obbligazione di restituire, che in un contratto obbligatorio suole seguire all'adempimento dell'obbligo di consegna della cosa, e quindi sorge posteriormente al perfezionarsi del contratto stesso. La riprova del fatto che la consegna della cosa non è, nei contratti reali, forma degli stessi, sta nel rilievo che tale consegna si accompagna talvolta, come nel pegno, al vincolo della scrittura (articoli 2787, 280).

Non è forma costitutiva o probatoria del negozio nemmeno la pubblicità, anche se necessaria. La pubblicità ha lo scopo di rendere il negozio conoscibile ad ogni terzo interessato, perciò presuppone un negozio già perfetto fra le parti; può essere forma essenziale per l'efficacia dell'atto rispetto ai terzi, o, se meglio piace, condicio iuris di tale efficacia, ma appunto perché il suo effetto concerne l'ambito dei terzi, non può essere parte della dichiarazione di volontà. La pubblicità è forma nel solo senso che l'autore del negozio, per poterne opporre gli effetti ai terzi, è tenuto ad assoggettarsi ad un procedimento che si compone di formalità varie; ma è forma essenziale del procedimento non forma del negozio che ne è oggetto. Costitutiva dell'effetto, ma non del negozio, è pertanto anche l'iscrizione ipotecaria, come può argomentarsi dall'art. 2821 che non la pone tra i requisiti di esistenza della promessa d'ipoteca: analogamente costitutiva dell'effetto ma non del negozio, è la scrittura richiesta negli articoli 1524, 2787 e 2800.

Infine non ha funzione di forma l'uso di foglietti bollati imposto nei casi in cui è richiesta la documentazione (t.u. 30 dicembre 1923, numero 3268; t.u. 30 dicembre 1923, n. 3278; art. 104 1. camb.). L'inosservanza dell'obbligo non induce nullità del negozio ma, fino alla regolarizzazione fiscale del documento che lo contiene, a seconda dei casi, vi è impossibilità di farlo valere in giudizio o di fame uso a fini legali; in altri casi, tuttavia, si ha la perdita di alcune agevolazioni connesse all'uso del foglietto (cambiale).


Non contestualità delle dichiarazioni a forma vincolata; negozio per relationem; il processo e il vincolo della forma negoziale

Il vincolo di una forma documentale non è vincolo di una forma contestuale: le dichiarazioni che devono servire a costituire il negozio possono cioè risultare da documenti separati, purché ciascuno abbia i caratteri formali richiesti per il negozio. Questa possibilità di scindere le dichiarazioni che concorrono a perfezionare il negozio è ammessa espressamente per la donazione (art. 782); è negata invece per le mutazioni matrimoniali convenute prima del matrimonio (art. 163) e per le controdichiarazioni attinenti alle convenzioni stesse (art. 164).

Esigere che le dichiarazioni siano contestuali e aggiungere un requisito è un rigore formale che la legge, in via generale, non richiede. Un requisito e un rigore del genere non si giustificherebbe del resto con le finalità che la forma documentale vuol conseguire, le quali possono attingersi tanto se lo scritto è unico per tutte le dichiarazioni che perfezionano il negozio, quanto se lo scritto si divide in separati documenti. E’ necessario però avvertire che la non contestualità delle dichiarazioni è compatibile con una forma vincolata sempre che essa consenta ugualmente di accertare il completamento del processo formativo del contratto: a questa finalità, mira la notifica dell’atto di accettazione della donazione (art. 782), che è a ritenere rimedio suscettibile di estensione ad ogni caso di negozio a forma vincolata che risulti dallo scambio di una proposta e dell'accettazione. La constatazione separata per atto pubblico delle due dichiarazioni, non dà, ovviamente, la certezza della perfezione del contratto in un ordinamento come il nostro, informato al sistema della cognizione; soddisferà, però all'esigenza della forma legale anche la compilazione di separati originali, in ciascuno dei quali non siano raccolte le sottoscrizioni di tutte le parti, ma che tuttavia si integrano a vicenda, perché in ciascuno si scorgono le sottoscrizioni mancanti negli altri.

Analogamente è possibile far risultare l'unico negozio da separati documenti per relationem: gli articoli 2328 e 1402 danno un validissimo appoggio a tale assunto, perché il primo ammette, nella società per azioni, che il regolamento del rapporto sociale possa risultare dall'atto costitutivo e, assieme, dallo statuto, e il secondo consente di rimettere ad un atto successivo l'indicazione del vero contraente. Non sembra che lo statuto debba avere la stessa forma di atto pubblico che deve rivestire l'atto costitutivo, al quale tuttavia deve essere allegato (art. 2329), mentre è previsto che la electio amici abbia la stessa forma richiesta per il contratto al quale si riferisce (articolo 1403); analogamente deve ritenersi che, se l'atto deve essere integrato dall'arbitraggio del terzo, questi deve emettere la sua pronunzia nelle forme previste per il negozio sul quale la pronunzia stessa deve operare. Altro caso di scritture collegate per relationem è quello previsto nell'art. 782 a proposito della donazione di cose mobili.

II processo non è idoneo a sostituire la scrittura mancante se essa sia richiesta ad substantiam, né ad integrarla se manchi della sottoscrizione di chi agisce per l'esecuzione del contratto. La nullità del negozio può essere rilevata d'ufficio dal giudice (art. 1421); è perciò salvo che le parti affermino concordemente o non contestino che lo scritto sia stato redatto nelle forme volute dalla legge, se comunque risulti dal processo l'inosservanza della forma, il difetto di un'eccezione di nullità non vale a sanare la situazione sostanziale, e non costituisce base per l'accertamento del contratto o per la condanna alla sua esecuzione; il giudice non può formare il suo convincimento sul semplice contegno processuale delle parti, che non è suscettibile di rappresentare un equipollente del consenso mancante, o del consenso non espresso nelle forme volute ad essentiam. Non avrebbe valore nemmeno la sottoscrizione che la parte abbia fatto degli atti processuali nei quali si accenni all'esistenza del negozio, quando non possa derivarne la confessione dell'esistenza dello scritto, perché la sottoscrizione stessa darebbe all'atto il valore di accertamento non di documentazione del negozio. Analogo effetto di accertamento avrebbe la domanda di esecuzione del contratto, la quale perciò non potrebbe nemmeno sostituire la sottoscrizione della parte attrice, omessa nell'atto che avrebbe dovuto documentare il negozio. Gli è che il processo non può servire come strumento di integrazione della fattispecie contrattuale, perché si innesterebbe nel processo di formazione di tale fattispecie venendo meno ai suoi scopi meramente giurisdizionali; tanto meno può servire a creare la documentazione di un contratto richiesta dalla legge ad substantiam, perché presuppone rapporti validamente costituiti. Anche quando costituisce gli effetti di un contratto che si aveva l'obbligo di concludere (art. 2932), la sentenza si fonda su un contratto preliminare concluso nella forma del contratto definitivo (art. 1351), mentre in ogni altro caso si ergerebbe su un contratto definitivo privo della forma ad substantiam che la legge richiedeva per esso.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

200 I casi di forma legale essenziale sono elencati nell'art. 219. Ho precisato che queste forme si applicano anche in materia di commercio; ho chiarito che i contratti di società soggetti allo scritto sostanziale sono quelli nei quali si conferiscono diritti personali di godimento per un tempo indeterminato o eccedente i nove anni; ho aggiunto il contratto di anticresi che è opportuno assoggettare a trascrizione; ho previsto la forma scritta per le divisioni concernenti immobili e diritti capaci di ipoteca, in modo da coordinare l'art. 219 alla norma che rende obbligatoria la trascrizione di detti atti.
Dissentendo poi dai criteri suggeriti dalla Commissione reale, ho creduto di mantenere fermo il requisito dello scritto per il contratto di transazione. Mi sono convinto a richiedere lo scritto per la transazione perché ho considerato che, avendo le parti già dato luogo a litigi, è opportuno evitarne altri; detto scopo può conseguirsi solo imponendo una forma essenziale per il contratto che ha composto quelli già insorti. Questa ragione mi parve decisiva anche per la materia di commercio.

Massime relative all'art. 1350 Codice Civile

Cass. civ. n. 4597/2023

n tema di contratti bancari, l'indice sintetico di costo (ISC), altrimenti detto tasso annuo effettivo globale (TAEG), è solo un indicatore sintetico del costo complessivo dell'operazione di finanziamento, che comprende anche gli oneri amministrativi di gestione e, come tale, non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni, la cui mancata indicazione nella forma scritta è sanzionata con la nullità, seguita dalla sostituzione automatica ex art. 117 del d.lgs. n. 385 del 1993; l'applicazione di condizioni più sfavorevoli di quelle pubblicizzate può, tuttavia, determinando la violazione di regole di condotta della banca, dar luogo a responsabilità contrattuale o precontrattuale di quest'ultima.

Cass. civ. n. 1462/2023

Nei contratti che esigono la forma scritta "ad substantiam" e siano conclusi tra persone lontane, la forma dell'accettazione, su cui ricade il vincolo formale a pena di nullità, deve essere tenuta distinta dalla forma della comunicazione dell'accettazione - ossia dei mezzi di conoscenza dell'avvenuta accettazione per iscritto - che non esige alcun vincolo formale, sicché, ai fini della loro conclusione, è sufficiente che il proponente abbia avuto mera notizia dell'accettazione scritta della proposta, senza necessità della sua trasmissione.

Cass. civ. n. 717/2023

Ai sensi dell'art. 2233 c.c., come modificato dall'art. 2, d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006, l'accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta "ad substantiam" a pena di nullità, senza che rilevi la disciplina introdotta dall'art. 13, comma 2, l. n. 247 del 2012, che, nell'innovare il solo profilo del momento della stipula del negozio individuato, di regola, nella data del conferimento dell'incarico, ha lasciato invariato quello sul requisito di forma, con la conseguenza che, da un lato, l'accordo, quando non trasfuso in un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, si intende formato quando la proposta, redatta in forma solenne, sia seguita dall'accettazione nella medesima forma e, dall'altro, che la scrittura non può essere sostituita con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c.

Cass. civ. n. 27517/2022

In tema di diritti reali, la costituzione di una servitù da parte del rappresentante del proprietario del fondo servente, postula che i poteri di quest'ultimo trovino titolo in una procura avente la medesima forma scritta "ad substantiam" prescritta, a pena di nullità, per tale tipo di contratti, a nulla rilevando che, in suo difetto, il terzo abbia confidato, senza sua colpa, nella sussistenza di una situazione apparente, atteso che, per i contratti soggetti a vincolo di forma non può trovare applicazione il principio dell'apparenza del diritto, sussistendo per essi un onere legale di documentazione della procura.

Cass. civ. n. 19031/2022

Nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta "ad substantiam", la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali (consenso, "res", "pretium"), con la conseguenza che, in caso di preliminare di vendita che preveda un termine per la stipula del definitivo, la modifica di tale elemento accidentale e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiede la forma scritta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva omesso di valutare la rinuncia alla condizione unilaterale risultante dalla dichiarazione rilasciata a verbale dal ricorrente personalmente, da apprezzarsi in uno alla citazione).

Cass. civ. n. 18971/2022

Il recesso del conduttore dal contratto di locazione ad uso abitativo dev'essere comunicato per iscritto, essendo tale tipo di contratto soggetto alla forma scritta "ad substantiam", ai sensi dell'art. 1, comma 4, della l. n. 431 del 1998.

Cass. civ. n. 18049/2022

Nella simulazione soggettiva relativa, il requisito della forma scritta "ad substantiam" deve essere rispettato dal contratto apparente, mentre l'accordo simulatorio tra interponente, interposto e terzo contraente - che può essere anteriore o contemporaneo al contratto simulato, ma non posteriore ad esso - va provato, tra le parti, con la controdichiarazione scritta, che, non essendo espressione della "voluntas simulandi", ma atto ricognitivo della volontà manifestata in precedenza, è idoneo mezzo di prova anche se sottoscritta solo dalla parte contro cui sia prodotta in giudizio e anche se successiva all'accordo simulatorio, essendo soggetta solo alle regole della forma scritta "ad probationem".

Cass. civ. n. 10933/2022

In tema di simulazione relativa oggettiva, ai fini della prova del contratto dissimulato che avrebbe dovuto rivestire forma scritta "ad substantiam", deve escludersi che la confessione possa supplire alla mancanza del requisito formale rappresentato dalla controdichiarazione scritta, necessaria per il contratto diverso da quello apparentemente voluto. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte territoriale che, sulla base della confessione della parte, aveva ritenuto provata la dissimulazione di una datio in solutum immobiliare di cui non vi erano gli elementi nel contratto di compravendita immobiliare asseritamente simulato).

Cass. civ. n. 926/2022

In tema di contratti bancari, l'apertura di credito deve essere stipulata per iscritto a pena di nullità - a meno che non sia già prevista e disciplinata nel contratto di conto corrente, stipulato per iscritto, come stabilito dalla delibera C.I.C.R. del 4 marzo 2003, in applicazione dell'art. 117, comma 2, d.lgs. n. 385 del 1993 - non essendo pertanto sufficiente a provarne l'esistenza la circostanza che l'affidamento risulti dal "libro fidi", né che il suo contenuto possa essere ricostruito attraverso l'esame del "regolamento di portafoglio", destinato solo a raccogliere l'insieme delle procedure tecnico operative per la gestione dei titoli.

Cass. civ. n. 35931/2021

L'accordo per lo scioglimento, per mutuo dissenso, di un contratto per il quale la legge richiede la forma scritta "ad substantiam", deve rivestire la stessa forma stabilita per la sua conclusione.

Cass. civ. n. 17810/2021

La "datio in solutum", costituendo un contratto a titolo oneroso solutorio-liberatorio, che estingue l'obbligazione in modo satisfattivo, è assoggettata alla disciplina generale dei contratti, con la conseguenza che deve essere rispettata la forma che attiene alla natura della prestazione oggetto di dazione. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che la pattuizione intercorsa tra le parti di un contratto di trasferimento immobiliare, parzialmente modificativa di questo ed avente ad oggetto il trasferimento, quale modalità di pagamento, di una somma di denaro in sostituzione dell'immobile convenuto, per essere ricondotta ad una valida "datio in solutum" deve osservare la medesima forma scritta "ad substantiam", richiesta dall'art. 1350 c.c. per l'originario trasferimento immobiliare).

Cass. civ. n. 10370/2021

In tema di edificio costituito da più unità immobiliari autonome, la comproprietà di una o più cose, non incluse tra quelle elencate nell'art. 1117 c.c. (quale, nella specie, un tetto avente funzione di copertura di una sola delle unità immobiliari compresa in un condominio orizzontale), può essere attribuita a tutti i condomini quale effetto dell'acquisto individuale operato con i rispettivi atti di una quota di tale bene, oppure in forza di un contratto costitutivo di comunione, ai sensi degli artt. 1350, n. 3, e 2643, n. 3, c.c., recante l'inequivoca manifestazione del consenso unanime dei condomini, espressa della forma scritta essenziale, alla nuova situazione di contitolarità degli immobili individuati nella loro consistenza e localizzazione.

Cass. civ. n. 9413/2021

In tema di sottoscrizione di documenti informatici, la firma elettronica (o firma digitale leggera), intesa come l'insieme dei dati in forma elettronica, allegati o connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di autenticazione informatica, si distingue dalla firma digitale avanzata o pesante, vale a dire la firma elettronica ottenuta attraverso una procedura informatica che garantisce la connessione univoca al firmatario e la sua univoca identificazione, in quanto creata con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo, ferma restando l'idoneità della prima a soddisfare il requisito legale della forma scritta "ad substantiam" ai sensi dell'art. 10 del d.P.R. n. 445 del 2000, come novellato dall'art. 6 del d.lgs. n. 10 del 2002 tranne che nei casi di cui all'art. 1350 c.c. nei quali la forma scritta è prevista a pena di nullità (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della Corte di Appello di ritenere sufficiente, ai fini dell'integrazione contrattuale abilitante la negoziazione in covered warrant, la mera firma elettronica apposta dal risparmiatore per mezzo del "point and click" presente nella sua area riservata).

Cass. civ. n. 8765/2021

Nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta "ad substantiam" (come nel caso del preliminare di vendita immobiliare), la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali (consenso, "res", "pretium"), che devono risultare dall'atto stesso e non possono ricavarsi "aliunde". Ne consegue che, qualora in un contratto preliminare di vendita immobiliare sia previsto un termine per la stipula del definitivo, la modifica di detto elemento accidentale e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiedono la forma scritta, non concernendo tale accordo direttamente il diritto immobiliare, né incidendo su alcuno degli elementi essenziali del contratto. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 15/04/2016).

Cass. civ. n. 26693/2020

In caso di collegamento negoziale tra un negozio per il quale sia richiesta la forma scritta "ad substantiam" (nella specie, una compravendita immobiliare) ed uno a forma libera (nella specie, un contratto di appalto), è necessario che anche il secondo negozio rivesta la forma prescritta per la validità del primo; sebbene non occorra che il requisito della forma scritta sia assicurato in un unico contesto, ben potendo la volontà negoziale esprimersi in diversi documenti o negozi, è, comunque, necessario che tutte le obbligazioni che formano il sinallagma siano documentate, appunto, per iscritto.

Cass. civ. n. 525/2020

In tema di forma degli accordi modificativi delle originarie clausole contrattuali di un contratto per il quale sia prevista dalla legge la forma scritta "ad substantiam", gli accordi concernenti l'esecuzione del contratto (nella specie, le modalità di pagamento, in contanti ovvero con assegno, del prezzo già pattuito) si possono stipulare anche verbalmente, atteso che detta forma riguarda solo i requisiti essenziali del contratto, tra i quali non rientrano gli elementi che ne regolano l'esecuzione.

Cass. civ. n. 32108/2019

Il "pactum fiduciae" esige la forma scritta "ad substantiam" qualora comporti il trasferimento, sia pure indiretto, di un bene immobile; deve, pertanto, essere stipulato per iscritto anche il patto fiduciario comportante il trasferimento indiretto di un immobile attraverso l'intestazione della quota di partecipazione alla società proprietaria del bene.

Cass. civ. n. 25539/2019

I contratti traslativi della proprietà di beni immobili o costitutivi, modificativi o traslativi di diritti reali immobiliari su cosa altrui devono, ai sensi dell'art. 1350 c.c., rivestire la forma scritta "ad substantiam", per cui è nulla la promessa verbale dei proprietari del suolo di trasferirsi reciprocamente la proprietà del manufatto su di esso edificato per singole porzioni individuate nel corso del godimento delle rispettive abitazioni.

Cass. civ. n. 10846/2019

Nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili, ad integrare l'atto scritto, richiesto "ad substantiam", non è sufficiente un qualsiasi documento, ma occorre che questo contenga la manifestazione di volontà di concludere il contratto e sia posto in essere dalle parti al fine specifico di esprimere tale volontà. Ne consegue che non vale ad integrare la necessaria forma scritta una dichiarazione di quietanza, la quale dà la prova dell'avvenuto pagamento, ma non pone in essere il contratto, presupponendone, invece, l'esistenza.

Cass. civ. n. 1636/2019

Il negozio di accertamento è caratterizzato dall'intento di imprimere certezza giuridica ad un precedente rapporto, cui si collega, al fine di precisarne l'esistenza, il contenuto e gli effetti, rendendo definitive e immutabili situazioni di obiettiva incertezza; in particolare, ove le parti vogliano riconoscere e determinare l'esatto confine tra terreni contigui, il negozio di accertamento non è soggetto a forma scritta, potendosi perfezionare anche verbalmente o mediante attuazione (cd. comportamento concludente).

Cass. civ. n. 1452/2019

Per i contratti per i quali è prevista la forma scritta "ad substantiam", la prova della loro esistenza e dei diritti che ne formano l'oggetto richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura, che non può essere sostituita da altri mezzi probatori e neanche dal comportamento processuale delle parti che abbiano concordemente ammesso l'esistenza del diritto costituito con l'atto non esibito. (In applicazione del predetto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la pronuncia di merito che, in un contratto di intermediazione finanziaria, aveva determinato la controprestazione dovuta dal cliente all'investitore in base ad una clausola, sottoscritta dall'investitore, che rimandava ad un "prospetto allegato riportante l'ammontare delle commissioni", prospetto mai prodotto, ma la cui esistenza era incontestata tra le parti).

Cass. civ. n. 638/2019

Il principio secondo cui la volontà di obbligarsi da parte della P.A. non può desumersi da atti o fatti concludenti, dovendo, per converso, manifestarsi attraverso la forma scritta, trova integrale applicazione anche con riferimento alle transazioni concluse dagli enti pubblici, le quali debbono, a pena di nullità, assumere forma scritta, in quanto prevale, sulla regola generale di cui all'art. 1967 c.c., che richiede, per tale tipo di contratto, detta forma solo "ad probationem", il principio, avente carattere di specialità, secondo il quale i contratti della P.A. richiedono la forma scritta "ad substantiam".

Cass. civ. n. 30446/2018

La risoluzione consensuale di un contratto preliminare riguardante il trasferimento, la costituzione o l'estinzione di diritti reali immobiliari è soggetta al requisito della forma scritta "ad substantiam" e, pertanto, non può essere provata mediante deferimento di giuramento decisorio, inammissibile ai sensi dell'art. 2739 c.c.

Cass. civ. n. 27910/2018

In tema di contratti della P.A., ancorché quest'ultima agisca "iure privatorum", il contratto d'opera professionale deve rivestire, ex artt. 16 e 17 del r.d. n. 2440 del 1923, la forma scritta "ad substantiam" e, quindi, deve tradursi, a pena di nullità, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell'organo attributario del potere di rappresentare l'ente interessato nei confronti dei terzi, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e l'entità del compenso, essendone preclusa, altresì, la conclusione tramite corrispondenza, giacché la pattuizione deve essere versata in un atto contestuale, pur se non sottoscritto contemporaneamente. Il contratto mancante della forma scritta non è suscettibile di sanatoria poiché gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti, né, a tal fine, è sufficiente che il professionista accetti, espressamente o tacitamente, la delibera a contrarre, atteso che questa, benché sottoscritta dall'organo rappresentativo medesimo, resta un atto interno che l'ente può revocare "ad nutum".

Cass. civ. n. 15645/2018

I contratti di conferimento di incarico professionale stipulati da un organismo di diritto pubblico sono atti di diritto privato per i quali, ai sensi degli artt. 16 e 17 del r.d. n. 2440 del 1923, è prevista la forma scritta, non surrogabile con fatti concludenti, manifestazioni tacite di volontà o comportamenti attuativi, la cui mancanza ne determina la nullità.

Cass. civ. n. 25631/2017

Il requisito della forma scritta, richiesta “ad substantiam” per la stipulazione dei contratti della P.A., nei contratti conclusi con la modalità della trattativa privata, non richiede necessariamente la redazione dell’atto su di un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, ma può essere soddisfatto anche mediante lo scambio delle missive recanti, rispettivamente, la proposta e l’accettazione,entrambe sottoscritte ed inscindibilmente collegate, in modo da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo, perché questa modalità di stipulazione del contratto, generalmente ammessa dall’ordinamento, non è esclusa per tali contratti dalla formula di cui all’art. 17, r.d. n. 2440 del 1923.

Cass. civ. n. 13216/2017

Il "pactum fiduciae", con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da costui designato, richiede, allorché riguardi beni immobili, la forma scritta ad "substantiam", atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l'art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma del contratto definitivo.

Cass. civ. n. 4431/2017

Quando, per l'esistenza di un determinato contratto, la legge richieda, a pena di nullità, la forma scritta (nella specie, contratto costitutivo di enfiteusi), alla mancata produzione in giudizio del relativo documento non può supplire il deposito di una scrittura contenente la confessione della controparte in ordine alla pregressa stipulazione del contratto "de quo", nemmeno se da essa risulti che quella stipulazione fu fatta per iscritto.

Cass. civ. n. 12631/2016

L'accordo preliminare di cessione di cubatura non necessita della forma scritta "ad substantiam", poiché esso non ha effetto traslativo, ma solo obbligatorio, impegnando il proprietario cedente a consentire che la cubatura spettantegli in base agli strumenti urbanistici sia attribuita dalla P.A. al cessionario, proprietario di un fondo compreso nella medesima zona urbanistica.

Cass. civ. n. 12540/2016

I contratti conclusi dalla P.A. richiedono la forma scritta "ad substantiam" e devono essere consacrati in un unico documento, ciò che esclude il loro perfezionamento attraverso lo scambio di proposta ed accettazione tra assenti (salva l'ipotesi eccezionale prevista "ex lege" di contratti conclusi con ditte commerciali), mentre tale requisito di forma deve ritenersi soddisfatto nel caso di cd. elaborazione comune del testo contrattuale, e cioè mediante la sottoscrizione - sebbene non contemporanea, ma avvenuta in tempi e luoghi diversi - di un unico documento contrattuale il cui contenuto (nella specie, relativo ad un rapporto di locazione) sia stato concordato dalle parti.

Cass. civ. n. 9994/2016

Nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà di immobili futuri, la forma scritta è necessaria solo per la stipulazione del contratto ad effetti obbligatori e non anche per l'individuazione del bene, la cui proprietà è trasferita non appena lo stesso viene ad esistenza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, che, con riguardo ad un contratto di permuta di cosa futura, aveva trasferito agli acquirenti, che ne erano risultati assegnatari "di fatto", beni diversi da quelli scelti nel progetto originario, sebbene con caratteristiche ad essi analoghe).

Cass. civ. n. 7543/2016

In tema di contratti soggetti alla forma scritta "ad substantiam" (nella specie, preliminare di vendita immobiliare), l'operatività del principio secondo cui il perfezionarsi del negozio può avvenire anche in base ad un documento firmato da una sola parte, ove risulti una successiva adesione, anche implicita, del contraente non firmatario, contenuta in atto scritto diretto alla controparte, presuppone che detto documento abbia tutti i requisiti necessari ad integrare una volontà contrattuale, ivi compresa l'individuazione o quantomeno l'individuabilità del destinatario della dichiarazione, e che, inoltre, tale volontà non sia stata revocata dal proponente (come nella specie, con il ritiro del duplice originale della scheda contrattuale) prima che lo stesso abbia avuto notizia, anche in forma verbale o "per facta concludentia", purché in modo idoneo a giungere a conoscenza dell'altra parte, dell'accettazione della controparte.

Cass. civ. n. 5919/2016

Il requisito della forma scritta "ad substantiam" nei contratti è soddisfatto anche se le sottoscrizioni delle parti siano contenute in documenti distinti, purché risulti il collegamento inscindibile tra questi ultimi, così da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell'accordo.

In tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta "ad substantiam", la produzione in giudizio della scrittura da parte del contraente che non l'ha sottoscritta realizza un equivalente della sottoscrizione, con conseguente perfezionamento del contratto con effetti "ex nunc" e non "ex tunc", essendo necessaria la formalizzazione delle dichiarazioni di volontà che lo creano; ne consegue che tale meccanismo non opera se l'altra parte abbia "medio tempore" revocato la proposta, ovvero se colui che aveva sottoscritto l'atto incompleto non sia più in vita nel momento della produzione, determinando la morte, di regola, l'estinzione automatica della proposta (art. 1329 c.c.), non più impegnativa per gli eredi. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il contratto quadro di investimento mobiliare formalmente non sottoscritto dalla banca si era perfezionato solo dal momento della produzione nel giudizio intrapreso dall'investitore nei confronti dell'intermediario, con conseguente inefficacia del pregresso ordine di acquisto del cliente).

Cass. civ. n. 18107/2014

In materia di contratti conclusi dalla P.A. (nella specie, affitto agrario), la necessità della stipulazione in forma scritta, a pena di nullità, se esclude la possibilità di ipotizzare una rinnovazione tacita per "facta concludentia", posto che si perverrebbe in tal modo ad eludere tale indispensabile requisito, non preclude la rinnovazione per omesso invio della disdetta, ove la stessa sia prevista in apposita clausola dell'originario contratto concluso in forma scritta.

Cass. civ. n. 6555/2014

I contratti con la P.A. devono essere redatti, a pena di nullità, in forma scritta e - salva la deroga prevista dall'art. 17 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 per i contratti con le ditte commerciali, che possono essere conclusi a distanza, a mezzo di corrispondenza "secondo l'uso del commercio" - con la sottoscrizione, ad opera dell'organo rappresentativo esterno dell'ente, in quanto munito dei poteri necessari per vincolare l'amministrazione, e della controparte, di un unico documento, in cui siano specificamente indicate le clausole disciplinanti il rapporto. Tali regole formali sono funzionali all'attuazione del principio costituzionale di buona amministrazione in quanto agevolano l'esercizio dei controlli e rispondono all'esigenza di tutela delle risorse degli enti pubblici contro il pericolo di impegni finanziari assunti senza l'adeguata copertura e senza la valutazione dell'entità delle obbligazioni da adempiere. (Nella specie, la S.C. ha escluso la valida conclusione di un contratto d'opera professionale nel caso in cui l'intendimento del comune conferente l'incarico non era desumibile da un contratto sottoscritto dal sindaco ma da una delibera comunale, deputata ad altra funzione e priva del relativo impegno di spesa, nonché dell'indicazione dei mezzi per far fronte al compenso del professionista, mentre la determinazione del contenuto specifico del rapporto era rinviata ad un momento successivo alla sua avvenuta esecuzione).

Cass. civ. n. 25424/2013

L'atto scritto, richiesto dalla legge "ad substantiam" e non "ad probationem" per la validità dei negozi definitivi e preliminari di vendita di immobili o di quota di immobili, deve essere rappresentato non da un qualsiasi documento, da cui risulti la precedente stipulazione, ma da uno scritto che contenga la manifestazione della volontà di concludere il contratto e che sia posto in essere al fine specifico di manifestare tale volontà. Ne consegue che non soddisfa l'esigenza del combinato disposto degli artt. 1350 e 1351 c.c., secondo cui i contratti preliminari di vendita di beni immobili debbono essere stipulati per atto pubblico o per scrittura privata a pena di nullità, l'attestazione di pagamento sottoscritta dall' "accipiens" e dal "solvens", e concernente somma corrisposta in esecuzione di un patto negoziale di cui si presuppone la futura stipula senza che ne sia documentata la giuridica esistenza nella sola forma valida richiesta dalla legge.

Cass. civ. n. 20051/2013

In ossequio al principio di libertà delle forme, il mandato senza rappresentanza per l'acquisto di beni immobili non necessita della forma scritta, che occorre soltanto per gli atti, come la procura, che costituiscono presupposto per la realizzazione dell'effetto reale del trasferimento della proprietà.

Cass. civ. n. 1167/2013

In tema di contratti della P.A., il contratto d'opera professionale deve essere stipulato in forma scritta, a pena di nullità, dall'organo rappresentativo dell'ente, non essendo sufficiente che il professionista accetti, espressamente o tacitamente, la delibera a contrarre, poiché questa, anche se sottoscritta dall'organo rappresentativo medesimo, resta un atto interno, che l'ente può revocare "ad nutum". In senso contrario, non rileva l'art. 17 del r.d. n. 2440 del 1923, richiamato per i Comuni dall'art. 87 del r.d. n. 383 del 1934, dove è previsto che il contratto con ditte commerciali possa concludersi a distanza, per mezzo di corrispondenza, trattandosi di norma in deroga, applicabile soltanto ai negozi in cui, per esigenze pratiche, la definizione del contenuto dell'accordo è rimessa all'"uso del commercio", tra i quali non rientra il conferimento di incarichi professionali, che postula, invece, la definizione formale dei vari aspetti del rapporto, anche per rendere possibili i controlli istituzionali dell'autorità tutoria.

Cass. civ. n. 5158/2012

Nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili, ad integrare l'atto scritto, richiesto "ad substantiam", non è sufficiente un qualsiasi documento, ma occorre che lo scritto contenga la manifestazione di volontà di concludere il contratto e sia posto in essere dalle parti al fine specifico di manifestare tale volontà. Ne consegue che non vale ad integrare la necessaria forma scritta una dichiarazione di quietanza (nella specie, relativa al ricevimento di una caparra), la quale presuppone il contratto e dà la prova dell'avvenuto pagamento, ma non pone in essere il contratto stesso.

Cass. civ. n. 10163/2011

Il negozio fiduciario rientra nella categoria più generale dei negozi indiretti, caratterizzati dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico non in via diretta, bensì indiretta. Pertanto, poiché l'intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, ove tale patto abbia ad oggetto beni immobili, esso deve risultare da un atto avente forma scritta "ad substantiam", atteso che esso è sostanzialmente equiparabile ad un contratto preliminare; né l'atto scritto può essere sostituito da una dichiarazione confessoria proveniente dall'altra parte, non valendo tale dichiarazione né quale elemento integrante il contratto né - anche quando contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto - come prova del medesimo.

Cass. civ. n. 26174/2009

Per i negozi giuridici per i quali la legge prescrive la forma scritta "ad substantiam", la prova della loro esistenza e dei diritti che ne formano l'oggetto richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura, che non può essere sostituita da altri mezzi probatori e neanche dal comportamento processuale delle parti, che abbiano concordemente ammesso l'esistenza del diritto costituito con l'atto non esibito.

Cass. civ. n. 20623/2009

L'accordo preliminare diretto alla cessione di cubatura - con cui una parte (proprietario cedente) si impegna a prestare il proprio consenso affinché la cubatura o parte di essa che, in base agli strumenti urbanistici, gli compete venga attribuita dalla P.A. al proprietario del fondo vicino (cessionario) compreso nella medesima zona urbanistica - non richiede la forma scritta "ad substantiam", dovendosene escludere la natura di contratto traslativo di un diritto reale. Ne consegue che, per ricostruire la comune volontà delle parti in relazione all'individuazione del fondo del cessionario, destinatario dell'aumento di volumetria, può farsi riferimento al comportamento complessivo dei contraenti in sede esecutiva, successivamente alla stipulazione dell'accordo. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, nel riconoscere la sussistenza del requisito della determinabilità dell'oggetto del contratto, aveva dato rilievo alla intervenuta presentazione alla P.A., da parte del cedente, di un atto unilaterale di asservimento e di vincolo, contenente gli estremi identificativi del terreno del vicino, mancanti nel documento iniziale recante l'accordo preliminare; ed aveva ritenuto che il cessionario, con il successivo pagamento della concordata rata del prezzo, avesse, prestato adesione, "per facta concludentia", a tale individuazione).

Cass. civ. n. 17346/2009

Nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili, per i quali è richiesta la forma scritta "ad substantiam", qualora uno degli stipulanti agisca in nome e per conto di un soggetto diverso, la "contemplatio domini", pur non richiedendo l'uso di formule sacramentali, deve risultare dallo stesso documento e non "aliunde", sebbene il requisito della contestualità non vada inteso in senso rigorosamente materiale e grafico, ben potendo ricorrere anche nel caso in cui il contratto richiedente la forma scritta "ad substantiam" risulti costituito da due parti materialmente distinte ma collegate tra loro per effetto del richiamo dell'una contenuto nell'altra, in modo da formare un unico, ancorché complesso, atto scritto, in sé contenente tutti gli elementi essenziali del contratto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale, in relazione ad un contratto preliminare di compravendita di immobili stipulato dal legale rappresentante della società venditrice senza l'espressa spendita del nome di quest'ultima, aveva ritenuto sussistente la "contemplatio domini" in virtù delle indicazioni risultanti dal coevo "capitolato" di appalto riportante le caratteristiche degli immobili promessi in vendita e richiamato dal contratto principale).

Cass. civ. n. 6524/2009

Ai fini della validità o della prova di un atto per cui il legislatore richiede la forma scritta senza indicare uno specifico mezzo di scrittura, non esistono vincoli in ordine alla scelta di tale mezzo; tuttavia, tale libertà non è assoluta, ma incontra un preciso limite nella stessa funzione che la forma prescritta svolge in relazione alle caratteristiche precipue del tipo di atto, cosa come emergenti dalla relativa disciplina giuridica. Con riguardo ai titoli di credito, considerate le caratteristiche degli stessi (per l'impossibilità di esercitare il diritto senza il possesso del documento cartaceo recante la scrittura, nonché per la letteralità, astrattezza e destinazione alla circolazione), è da escludere che possa garantire la funzione assegnata dal legislatore alla forma scritta l'uso di strumenti non idonei ad assicurare una sufficiente stabilità al testo scritto, ossia di tutti quei mezzi di scrittura in tutto o in parte alterabili e/o cancellabili con facilità, anche involontariamente, con la conseguenza che deve ritenersi non apposta la data scritta a matita su un assegno. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che, in tema di imposta di bollo, aveva escluso l'incompletezza di un assegno, ai fini dell'applicabilità della sanzione prevista dall'art. 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642).

Cass. civ. n. 3261/2009

L'illeggibilità della firma non incide sulla validità del negozio per difetto della forma scritta "ad substantiam", ma determina la necessità di accertare l'identità dell'autore per verificarne - sulla base degli elementi ricavabili dal medesimo atto (intestazione, ufficio di provenienza, esercizio di determinate funzioni) - la legittimazione al negozio. (Fattispecie relativa a lettera di licenziamento per riduzione di personale).

Cass. civ. n. 4532/2008

In tema di attività di diritto civile della P.A., nell'ambito della quale vige il principio «formalistico» dell'atto scritto ad substantiam l'invio della disdetta nel termine previsto negozialmente impedisce che possa ritenersi prorogato per facta concludentia il contratto stipulato in forma scritta nel quale pure sia prevista la rinnovazione tacita, a nulla valendo, nel caso che il soggetto pubblico sia un Comune, l'esistenza di successive delibere del consiglio comunale che ne abbiano disposto la proroga, trattandosi di atti meramente interni, di natura preparatoria, inidonei ad impegnare l'ente; una volta verificatisi gli effetti della disdetta, infatti, le parti possono porli nel nulla solo con un ulteriore atto avente natura contrattuale, che, nel caso della P.A., deve rivestire la forma scritta e deve essere stipulato dall'organo legittimato a rappresentare l'ente ed a concludere, in suo nome e per suo conto, i contratti.

Cass. civ. n. 22537/2007

Poiché la P.A. non può assumere impegni e concludere contratti se non nelle forme stabilite dalla legge e dai regolamenti, i contratti conclusi dallo Stato e dagli enti locali (nella specie, contratto di prestazione di servizi) richiedono la forma scritta ad substantiam con esclusione di qualsivoglia manifestazione di volontà implicita o desumibile da comportamenti meramente attuativi; tale regola può dirsi espressione dei principi di buon andamento ed imparzialità della P.A. posti dall'art. 97 Cost. ed assolve a funzione di garanzia del regolare svolgimento dell'attività amministrativa, permettendo di identificare con precisione l'obbligazione assunta ed il contenuto
negoziale dell'atto, così controllabile da parte dell'autorità tutoria.

Cass. civ. n. 15296/2007

In base agli artt. 16 e 17, R.D. n. 2440 del 1923, il contratto d'opera professionale stipulato con la P.A., pure se questa agisca iure privatorum deve essere redatto, a pena di nullità, in forma scritta. L'osservanza di detto requisito richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo dell'ente legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e l'entità del compenso, dovendo escludersi che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti quali, ad esempio, la delibera dell'organo collegiale dell'ente che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico, ovvero una missiva con la quale l'organo legittimato a rappresentare l'ente ne abbia comunicato al professionista l'adozione ai quali sia eventualmente seguita la comunicazione per iscritto dell'accettazione da parte del medesimo professionista, poiché non è ammissibile la stipula mediante atti separati sottoscritti dall'organo che rappresenta l'ente e dal professionista, prevista esclusivamente per i contratti conclusi con imprese commerciali. Il contratto mancante del succitato requisito è nullo e non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poiché gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti. (Fattispecie relativa a contratto d'opera professionale stipulato da un Comune, al quale la S.C. ha ritenuto applicabili gli artt. 16 e 17 R.D. n. 2440 del 1923, in forza dell'art. 87, primo comma, T.U della legge comunale e provinciale di cui al R.D. 3 marzo 1934, n. 383, applicabile ratione temporis ).

Cass. civ. n. 3088/2007

Ai fini della sussistenza del requisito della forma scritta nei contratti non occorre che la volontà negoziale sia manifestata dai contraenti contestualmente e in un unico documento, dovendosi ritenere il contratto perfezionato anche qualora le sottoscrizioni siano contenute in documenti diversi, anche cronologicamente distinti, qualora, sulla base di una valutazione rimessa al giudice di merito, si accerti che il secondo documento è inscindibilmente collegato al primo, sì da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell'accordo.

Cass. civ. n. 15430/2006

In tema di rapporti di vicinato, l'autorizzazione all'apertura di una veduta a distanza inferiore, da quella legale e la rinuncia a pretendente l'eliminazione, avendo ad oggetto la costituzione di un vincolo di natura reale sul bene, richiedono, ai sensi dell'art. 1350 c.c., la forma scritta ad substantiam.

Cass. civ. n. 12848/2006

Ferma la distinzione tra procura e mandato risolvendosi, la prima, nel conferimento ad un terzo del potere di compiere un atto giuridico in nome di un altro soggetto e, il secondo, in un contratto in forza del quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici nell'interesse di un'altra; il mandato con rappresentanza a vendere beni immobili non è soggetto all'onere della forma scritta stabilito, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1392 e 1350 n. 1) c.c. per l'atto di procura, atteso che gli effetti del contratto di compravendita si producono in capo al rappresentato in forza del solo rapporto di rappresentanza, mentre il mandato spiega i suoi effetti nel rapporto tra rappresentante e rappresentato.

Cass. civ. n. 11409/2006

In tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta ad substantiam, la produzione in giudizio della scrittura da parte del contraente che non l'ha sottoscritta equivale a sottoscrizione, perfezionando il contratto, solo a condizione che fatto sia stato prodotto al fine di invocare l'adempimento delle obbligazioni da esso scaturenti.

Cass. civ. n. 9576/2006

In tema di vedute, l'esonero dall'osservanza delle distanze legali dalle costruzioni esistenti dà luogo a un rapporto di carattere non già obbligatorio bensì reale, in quanto, comportando un peso a carico di uno degli immobili e una corrispondente utilitas immediatamente fruibile a vantaggio dell'altro, configura un diritto di servitù, che non può essere convenzionalmente costituito se non per atto scritto.

Cass. civ. n. 24826/2005

Per il contratto d'opera professionale, quando ne sia parte una P.A. e pur ove questa agisca iure privatorum è richiesta, in ottemperanza al disposto degli artt. 16 e 17 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, come per ogni altro contratto stipulato dalla P.A. stessa, la forma scritta ad substantiam che è strumento di garanzia del regolare svolgimento dell'attività amministrativa nell'interesse sia del cittadino, costituendo remora ad arbitri, sia della collettività, agevolando l'espletamento della funzione di controllo, ed è, quindi, espressione dei principi d'imparzialità e buon andamento della P.A. posti dall'art. 97 Cost.; pertanto il contratto deve tradursi, a pena di nullità e senza possibilità di alcuna sanatoria, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell'organo attributario del potere di rappresentare l'Ente interessato nei confronti dei terzi, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere e al compenso da corrispondere. Di conseguenza, in mancanza di detto documento contrattuale, ai fini d'una valida conclusione del contratto rimane del tutto irrilevante resistenza di una deliberazione con la quale l'organo collegiale dell'Ente abbia conferito un incarico ad un professionista, o ne abbia autorizzato il conferimento, in quanto detta deliberazione non costituisce una proposta contrattuale nei confronti del professionista, ma un atto con efficacia interna all'Ente che, almeno ai fini considerati, ha solo natura autorizzatoria e quale unico destinatario il diverso organo legittimato ad esprimere la volontà all'esterno.

Cass. civ. n. 20653/2005

In tema di stipulazione del contratto, anche preliminare, il requisito della forma ad substantiam è soddisfatto anche mediante scritti non contestuali, non essendo indispensabile la compresenza fisica delle parti stipulanti, né l'adozione di particolari formule sacramentali, bensì sufficiente che dal contesto documentale complessivo sia desumibile l'incontro della volontà delle parti, costituito da una proposta e dalla relativa accettazione, dirette a contrarre il vincolo giuridico de quo. Quest'ultimo, nell'ipotesi di conclusione di un contratto preliminare, si sostanzia nell'assunzione dell'impegno alla futura stipula, in un contesto che consenta l'individuazione degli elementi essenziali del contratto definitivo, come può avvenire allorquando l'iniziale proposta d'acquisto venga sottoscritta per accettazione, con conseguente incontro della volontà delle parti e conclusione del contratto all'atto in cui il proponente viene a conoscenza di tale adesione. (Nella specie la proposta poi sottoscritta per accettazione, che prevedeva l'impegno irrevocabile all'acquisto, stabiliva che il contratto preliminare sarebbe stato redatto successivamente presso l'agenzia immobiliare che aveva curato la mediazione; la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sufficiente per la stipula del contratto preliminare la sottoscrizione delle dichiarazioni contenenti la volontà delle parti, senza necessità di stipula di un nuovo preliminare, in quanto impegno assunto nei confronti della mediatrice solo al fine di agevolarne la verificazione della conclusione dell'affare).

Cass. civ. n. 15293/2005

Il requisito della forma scritta, previsto ad substantiam per i contratti degli enti pubblici, non esclude che la loro conclusione possa risultare dallo scambio di un insieme di dichiarazioni poste in essere dalle parti contraenti (tra le quali si inserisce la delibera di conferimento dell'incarico da parte dell'ente, comunicata al privato), secondo lo schema della formazione del contratto tra assenti, così come avviene nella negoziazione comune.

Cass. civ. n. 12323/2005

... Tuttavia, quando la rinnovazione dell'originario contratto stipulato in forma scritta sia prevista da apposita clausola e sia subordinata al mancato invio della disdetta del contratto entro un termine prestabilito, la rinnovazione tacita a mezzo dell'omesso invio della disdetta deve reputarsi ammissibile, in quanto la previsione della clausola per un verso non elude la necessità della forma scritta e, per altro verso, attesa la predeterminazione della durata del periodo di rinnovazione, consente agli organi della P.A. di considerare l'opportunità di disdire o meno nel termine contrattuale il contratto stesso. (Omissis ).

Cass. civ. n. 7274/2005

In tema di contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà immobiliare (e relativi preliminari), il requisito della forma scritta prevista ad substantiam comporta che l'atto scritto, costituendo lo strumento necessario ed insostituibile per la valida manifestazione della volontà produttiva degli effetti del negozio con efficienza pari alla volontà dell'altro contraente, non può essere sostituito da una dichiarazione confessoria dell'altra parte, non valendo tale dichiarazione né quale elemento integrante il contratto né — quando anche contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto — come prova del medesimo; pertanto, il requisito di forma può ritenersi soddisfatto solo se il documento costituisca l'estrinsecazione formale diretta della volontà negoziale delle parti e non anche quando esso si limiti a richiamare un accordo altrimenti concluso, essendo in tal caso necessario che anche tale accordo rivesta la forma scritta e contenga tutti gli elementi essenziali del contratto non risultanti dall'altro documento, senza alcuna possibilità di integrazione attraverso il ricorso a prove storiche, non consentite dall'art. 2725 c.c. (Nella specie, è stata esclusa l'esistenza di un valido contratto preliminare di vendita immobiliare, atteso che con il documento scritto le parti si erano limitate a determinare le modalità del pagamento del prezzo senza peraltro indicarne l'entità, richiamando le pattuizioni consacrate in un distinto accordo meramente verbale).

Cass. civ. n. 22973/2004

II contratto con il quale l'amministrazione pubblica conferisce un incarico professionale deve essere redatto, a pena di nullità, in forma scritta, e non può essere concluso a distanza, a mezzo di corrispondenza, dovendo ritenersi tale modalità di conclusione limitata ai contratti con ditte commerciali (art. 17 rd. 18 novembre 1923 n. 2240), e non estensibile al conferimento di incarichi professionali. Tale disciplina manifestamente non si pone in contrasto con il principio di uguaglianza, di cui all'art. 3 Cost., nè con la libertà di iniziativa economica garantito dall'art. 41 Cost. Ed infatti, sotto il primo profilo, la scarsa rilevanza economica dei contratti conclusi in regime di economato costituisce ragionevole giustificazione della disciplina semplificata prevista per la loro stipulazione rispetto alle forme richieste per i contratti di ben maggiore rilevanza economica, sicché nessuna disparità di trattamento può ravvisarsi tra gli imprenditori commerciali che provvedono alla fornitura dei mezzi necessari al funzionamento dei pubblici uffici ed i professionisti che stipulano contratti di prestazione d'opera di ben diverso, rilievo economico. Quanto al presunto contrasto con l'art. 41 Cost., la necessità della sottoscrizione contestuale del contratto di prestazione d'opera professionale non si risolve in alcun modo in un apprezzabile impedimento alla libertà di iniziativa economica. Né, infine, la normativa in questione può essere ritenuta irragionevole, avuto riguardo alla sua funzione di garanzia del principio del buon andamento della P.A. e di trasparenza dell'azione amministrativa.

Cass. civ. n. 17891/2003

In tema di contratti stipulati dalla pubblica amministrazione, la delibera dell'ente pubblico, quale atto avente mera efficacia interna, di carattere autorizzatorio nei confronti del diverso organo destinato ad esprimere all'esterno la volontà dell'ente stesso, non è configurabile come proposta negoziale. Ne consegue che, ai fini della conclusione di un valido contratto, è irrilevante la sottoscrizione in calce alla suddetta delibera «per accettazione» da parte del privato.

Cass. civ. n. 9687/2003

L'acquisto derivativo della proprietà di un bene immobile postula un contratto, a contenuto traslativo, intervenuto con il precedente titolare del diritto e soggetto alla forma scritta ad substantiam, mentre, in difetto di questo, non può discendere da un negozio di mero accertamento, il quale può eliminare incertezze sulla situazione giuridica, ma non già sostituirne il titolo costitutivo.

Cass. civ. n. 8983/2003

In tema di forma scritta prescritta a pena di nullità per i contratti aventi ad oggetto diritti su beni immobili, il principio secondo cui l'atto di citazione, che contenga la dichiarazione di volontà di avvalersi della scrittura da parte del contraente che non l'ha sottoscritta, realizza un equivalente della sottoscrizione essendo un atto unilaterale recettizio con effetti anche sostanziali, non opera allorché il soggetto di cui manchi la sottoscrizione non sia indicato nel negozio fra le parti contraenti.

Cass. civ. n. 1137/2003

Il mandato, con o senza rappresentanza, così ad acquistare come a vendere beni immobili, richiede la forma scritta ad substantiam ; e tale forma è necessaria anche nel caso della ratifica dell'operato di colui che abbia agito come mandatario a vendere o ad acquistare beni immobili in assenza di mandato.

Cass. civ. n. 7913/2002

I contratti stipulati iure privatorum dalla P.A. (nella specie, conferimento di incarico a professionista) devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta, al fine di identificarne con precisione il contenuto negoziale e consentire, per l'effetto, i necessari controlli dell'autorità tutoria. Ne consegue la inammissibilità di una conclusione del contratto stesso per facta concludentia, essendo altresì necessario che l'intera vicenda negoziale, salva diversa previsione di legge, sia consacrata in un unico documento contenente tutte le clausole disciplinanti il rapporto (nell'affermare il principio di diritto di cui in massima, la S.C. ha, così, confermato la decisione dei giudici di merito che avevano qualificato l'atto di delibera della giunta di un comune con il quale si nominava un professionista direttore dei lavori di un opus publicum come «proposta di contratto necessitante un'espressa accettazione per iscritto», con ciò escludendo che potesse legittimamente ritenersi concluso il contratto stesso, per facta concludentia, per effetto di alcune lettere inviate dal professionista al Sindaco relative a meri aspetti esecutivi dell'incarico intrapreso in assenza di una espressa accettazione.

Cass. civ. n. 15325/2001

La volontà di obbligarsi della P.A. non può dedursi per implicito da singoli atti (nella specie, atto di sottomissione sottoscritto dal sindaco e dal professionista incaricato), dovendo essere manifestata nelle forme, necessariamente rigide, richieste dalla legge, tra cui la forma scritta ad substantiam, con la conseguenza che, qualora non sopravvenga la formale stipulazione, il privato non può far valere alcuna responsabilità per colpa della controparte, derivando l'invalidità del negozio da disposizioni generali, da presumersi note agli interessati, che escludono l'affidamento incolpevole della parte adempiente.

Cass. civ. n. 13628/2001

Ai fini della conclusione del contratto d'opera professionale, che, quando ne sia parte la pubblica amministrazione, anche se questa agisca iure privatorum, richiede la forma scritta ad substantiam, è irrilevante l'esistenza di una deliberazione dell'organo collegiale di un ente pubblico (nella specie, Comune) che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico al professionista, ove tale deliberazione non risulti essersi tradotta in atto contrattuale, sottoscritto dal rappresentante esterno dell'ente stesso e dal professionista. Detta deliberazione non costituisce una proposta contrattuale nei confronti del professionista, ma un atto con efficacia interna all'ente pubblico, avente per destinatario il diverso organo dell'ente legittimato ad esprimere la volontà all'esterno e carattere meramente autorizzatorio. Inoltre, trattandosi di atto nullo non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poiché gli atti negoziali della pubblica amministrazione sono manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti, quali la ricezione dell'elaborato progettuale e l'eventuale utilizzazione dello stesso.

Cass. civ. n. 9289/2001

Il mandato senza rappresentanza avente ad oggetto il trasferimento di beni immobili richiede la forma scritta ad substantiam, la cui assenza rende nullo il negozio, impedendo che si costituisca il rapporto giuridico e che, conseguentemente, sorgano legittimamente obbligazioni tra le parti.

Cass. civ. n. 5565/2001

Il negozio, fiduciario quando inerisce al trasferimento di beni immobili deve rivestire la forma scritta ad substantiam quale elemento essenziale di sua validità ex art. 1350 c.c. Detta forma non può essere sostituita dalla dichiarazione confessoria di una delle parti, non potendo detta dichiarazione essere utilizzata né come elemento integrante il contratto, né come prova dello stesso il quale, peraltro, non è dimostrabile tramite testimonianze, all'infuori dell'ipotesi eccezionale di perdita incolpevole del documento (art. 2725 comma secondo c.c., in relazione all'art. 2724 n. 3 c.c.).

Cass. civ. n. 2754/2001

Nel caso in cui venga dedotto un accordo modificativo dell'estensione di una servitù intervenuto successivamente alla costituzione con atto scritto della stessa, il principio generale dettato dall'art. 1058 c.c. in relazione all'art. 1350 n. 4 impone che la servitù non possa essere modificata che da un altro atto scritto. Se l'accordo modificativo è costituito da un regolamento amichevole di confini in quanto le parti, regolando questi, abbiano contestualmente modificato l'originaria estensione della servitù di passaggio esercitata su uno dei fondi, il detto regolamento deve avere la forma scritta essendo destinato ad incidere su un diritto reale su un bene immobile per la cui costituzione è richiesta la forma scritta.

Cass. civ. n. 59/2001

Tutti i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione (anche quando essa agisca iure privatorum) richiedono la forma scritta ad substantiam, non rilevando a tal fine la deliberazione dell'organo collegiale dell'ente pubblico che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico, dell'appalto o della fornitura ove tale deliberazione (costituente mero atto interno e preparatorio del negozio) non risulti essersi tradotta in un atto, sottoscritto da entrambi i contraenti, da cui possa desumersi la concreta sistemazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alle prestazioni da eseguirsi e al compenso da corrispondersi; il contratto privo della forma richiesta ad substantiam è nullo e pertanto insuscettibile di qualsivoglia forma di sanatoria, dovendosi quindi escludere l'attribuzione di rilevanza ad eventuali convalide o ratifiche successive.

Cass. civ. n. 12942/2000

I contratti di cui sia parte una Pubblica Amministrazione (anche se agente iure privatorum) richiedono la forma scritta ad substantiam, con la conseguenza che non può ritenersi sufficiente che la forma scritta riguardi la sola dichiarazione negoziale della pubblica amministrazione e che pertanto deve escludersi la conclusione di contratti per facta concludentia ossia mediante inizio, dell'esecuzione (della prestazione da parte del privato), secondo il modello di cui all'art. 1327 c.c.
I contratti di cui sia parte una Pubblica Amministrazione (anche se agente jure privatorum) richiedono la forma scritta ad substantiam, con la conseguenza che non può ritenersi sufficiente che la forma scritta riguardi la sola dichiarazione negoziale della Pubblica Amministrazione e che pertanto deve escludersi la conclusione di contratti per facta concludentia ossia mediante inizio, dell'esecuzione (della prestazione da parte del privato), secondo il modello di cui all'art. 1327 c.c.

Cass. civ. n. 11687/1999

La regola per cui tutti i contratti della Pubblica Amministrazione e in genere degli enti pubblici devono essere stipulati per iscritto rinviene la sua ratio nell'esigenza di identificare esattamente il contenuto negoziale e rendere possibile i controlli delle autorità. Ciò comporta pertanto la prescrizione che la delibera che forma la volontà della P.A. debba indicare con precisione il contenuto negoziale, la volontà della P.A. sia manifestata all'esterno e dall'organo rappresentativo, la manifestazione di volontà non possa essere implicita né desunta da comportamenti meramente attuativi, il contratto, salvo diversa previsione di legge, sia consacrato in unico documento contenente tutte le clausole disciplinanti il rapporto (in applicazione di tali principi, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva ritenuto concluso un contratto di assicurazione sulla base di una delibera che autorizzava l'esecuzione di una proposta contrattuale, ritenuta presupponente l'accettazione, e seguita dall'esecuzione della prestazione da parte dell'ente).

Cass. civ. n. 6214/1999

Per i contratti per i quali è prescritta la forma scritta ad substantiam la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma per tutti gli elementi essenziali e pertanto l'oggetto di esso deve esser almeno determinabile in base ad elementi risultanti dall'atto stesso e non aliunde, non potendo a tal fine applicarsi il capoverso dell'art. 1362 c.c., a norma del quale l'intenzione dei contraenti può esser desumibile anche dal loro comportamento complessivo, posteriore alla conclusione del contratto, né l'art. 1371 c.c., norma di chiusura rispetto alla predetta.

Cass. civ. n. 5448/1999

La forma scritta ad substantiam richiesta per la stipula del contratto con gli enti pubblici deve essere adottata anche con riferimento alle eventuali, successive modificazioni che le parti intendano apportare al contratto stipulato in precedenza.

Cass. civ. n. 6063/1998

Il mandato ad acquistare beni immobili richiede la forma scritta ad substantiam, sicché è inammissibile l'actio mandati per il risarcimento dei danni, giacché la nullità del negozio derivante dalla mancanza di uno dei requisiti di cui all'art. 1325 c.c. (nella specie forma scritta ad substantiam) impedisce che si costituisca il rapporto giuridico e che sorga quindi alcuna obbligazione tra le parti. Perciò colui che ha conferito il mandato oralmente non può per la nullità del negozio rivendicare l'immobile, né richiederne il trasferimento in suo favore, non essendo sorto a carico del preteso mandatario, l'obbligo corrispondente.

Cass. civ. n. 11946/1997

Per il disposto dell'art. 2705 c.c. il telegramma non prodotto in originale (nella specie, perché non reperito presso l'ufficio postale) non ha efficacia di scrittura privata e non è, pertanto, idoneo a costituire forma scritta per il perfezionamento di un contratto di trasferimento immobiliare a norma dell'art. 1350 c.c.

Cass. civ. n. 11115/1997

La prova della proprietà di beni immobili non può essere fornita con la produzione dei certificati catastali, i quali sono soltanto elementi sussidiari in materia di regolamento di confini ai sensi dell'art. 950 c.c., né con pretesi riconoscimenti della controparte, essendo necessario in materia l'atto scritto ad substantiam o un fatto equiparato come l'usucapione, né può riconoscersi la proprietà immobiliare in base ad un procedimento deduttivo, non ammettendo la forma scritta equipollente e quindi in base ad un atto o fatto che possa presupporla ma non la consacra direttamente a favore del soggetto come il decreto pretorile di riconoscimento dell'usucapione ex art. 1159 bis c.c.

Cass. civ. n. 3970/1997

Il contraente la cui sottoscrizione non figura nel documento rappresentativo di un contratto per il quale sia richiesta dalla legge a pena di nullità la forma scritta, può validamente perfezionarlo con la sua produzione in giudizio, al fine di farne valere gli effetti contro l'altro contraente sottoscrittore, o manifestando a questo con un proprio atto scritto la volontà di avvalersi del contratto. In tal caso la domanda giudiziale o il successivo scritto assumono valore equipollente della firma mancante, sempreché, medio tempore l'altra parte non abbia revocato il proprio assenso o non sia deceduta, con la conseguente impossibilità della formazione del consenso nella forma richiesta dalla legge nei confronti dei suoi eredi.

Cass. civ. n. 249/1997

Poiché la ratifica di un negozio può essere compiuta anche da un rappresentante del dominus, se la procura alle liti, rilasciata da questi al difensore, comprende il potere di disporre del diritto in contesa, anche mediante una comparsa può esser ratificato un contratto, redatto per iscritto a pena di nullità (art. 1350 c.c.) dal falsus procurator, perché tale atto processuale ha il requisito necessario della scrittura ed è portato a conoscenza della controparte (artt. 166 e 170 c.p.c.).

Cass. civ. n. 2/1997

Ai sensi degli arti. 1350 e 2725 c.c., la forma scritta, imposta ad substantiam per il trasferimento di beni immobili, costituisce un elemento essenziale del contratto, nel senso che ha natura costitutiva, cosicché la prova dell'esistenza e del contenuto di una vendita di un bene immobile può essere data solo con l'acquisizione, al processo, dell'atto scritto, non essendo consentite né la prova testimoniale, né la confessione.

Cass. civ. n. 4400/1996

Nei contratti per i quali sia prescritta la forma scritta, a pena di nullità, l'accettazione non deve essere necessariamente manifestata in modo esplicito, ma è sufficiente che la volontà di accettare la proposta sia desumibile, per implicito, da una dichiarazione redatta per iscritto, diretta alla controparte da colui cui la proposta è indirizzata.

Cass. civ. n. 300/1996

Il requisito della determinatezza o della determinabilità dell'oggetto a norma dell'art. 1346 codice civile, nell'ipotesi di un preliminare di vendita immobiliare, postula che sia specificata l'ubicazione del bene promesso in vendita, o il criterio della sua individuazione. In particolare ove il preliminare di vendita abbia ad oggetto una porzione di un edificio multipiano, l'indicazione del piano in cui essa è ubicata costituisce, in mancanza di dati relativi ai confini, il necessario elemento identificativo. Ne deriva che le modifiche di tale elemento concordate tra le parti dopo la stipulazione del contratto preliminare, devono avvenire a pena di nullità per iscritto (artt. 1350 n. 1 e 1351 codice civile) e pertanto non possono essere provate per testimoni, ostandovi il divieto stabilito dall'art. 2725, comma secondo, codice civile con la sola eccezione del caso previsto dall'art. 2724 n. 3 codice civile (perdita incolpevole del documento).

Cass. civ. n. 3225/1995

È ammissibile la negotiorum gestio anche nell'ambito degli atti in cui la forma solenne costituisca elemento concorrente della formazione della fattispecie negoziale, posto che l'immediata imputazione degli effetti dell'attività gestoria nella sfera del dominus trova il suo fondamento nella legge e non in un atto negoziale, solo rispetto al quale può trovare applicazione la norma di cui all'art. 1392 c.c.; peraltro quando manchi taluno dei requisiti della gestione d'affari, gli effetti di questa sono subordinati alla ratifica dell'interessato, che deve rivestire, a pena di nullità, la forma scritta, ai sensi dell'art. 1350 c.c., se concorre a determinare trasferimenti, costituzioni o modificazioni di diritti reali immobiliari; in tal caso, non avendo la gestione carattere rappresentativo, essa esaurisce i suoi effetti tra gestore e dominus, onde il terzo che faccia valere diritti nascenti dall'attività del gestore non può rivolgersi al dominus.

Cass. civ. n. 1086/1995

In tema di negozio fiduciario, relativo a beni immobili, la designazione da parte del fiduciante della persona a favore della quale deve essere fiduciante il bene, in virtù dell'obbligo assunto dal fiduciario di modificare la situazione giuridica a lui facente capo, deve rivestire ad substantiam la forma scritta (artt. 1350, n. 1 e 1351 c.c.), non bastando a tal fine la prova presuntiva. Tale designazione, pur non richiedendo l'uso di formule sacramentali, deve risultare chiaramente dalla scrittura documentale.

Cass. civ. n. 738/1995

Il principio secondo cui la produzione della scrittura ad opera della parte che non l'aveva sottoscritta, costituendo un valido equipollente della sottoscrizione mancante, determina, anche quando è richiesta la forma scritta, l'incontro dei consensi e il perfezionamento, quindi, del contratto, non è operante se colui che aveva sottoscritto l'atto incompleto non è più in vita nel momento della produzione perché la morte determina l'estinzione automatica della proposta (quando questa non è irrevocabile — art. 1329 c.c. — o non è fatta dall'imprenditore nell'esercizio della sua impresa — art. 1330 c.c. —) rendendola non più impegnativa per gli eredi.

Cass. civ. n. 10649/1994

L'accettazione della proposta contenuta in un patto d'opzione – accettazione che saldandosi con detta proposta determina la conclusione del (secondo) contratto – richiede la forma scritta ad substantiam se l'oggetto di quest'ultimo contratto è il trasferimento della proprietà di beni immobili (o di diritti immobiliari) o la promessa del loro trasferimento, ai sensi degli artt. 1350 e 1351 c.c. Tale forma scritta, come per ogni altro contratto in materia immobiliare, non è integrata da meri comportamenti e neanche da qualunque documento, essendo richiesto, invece, che l'atto scritto contenga la manifestazione di volontà di concludere il contratto e sia posto in essere dalla parte al fine specifico di manifestare detta volontà. Questo contenuto non può riconoscersi a dichiarazioni di quietanze relative al prezzo (o a sue rate), le quali presuppongono il contratto ma non pongono in essere lo stesso.

Cass. civ. n. 8937/1994

L'atto scritto, richiesto ad substantiam e non ad probationem per la validità dei contratti definitivi o preliminari di vendita di immobili, non può essere rappresentato da qualsiasi documento da cui risulti in precedenza concluso un contratto di tale tipo, ma deve contenere la manifestazione della volontà di concludere il contratto ed essere posto in essere al fine specifico di manifestare tale volontà. (Nella specie la Suprema Corte ha escluso che potessero integrare gli esposti requisiti formali alcune dichiarazioni scritte — secondo quanto accertato dal giudice di merito aventi carattere unilaterale, benché sottoscritte da ambedue le parti interessate — attestanti l'esecuzione di pagamenti, pur nell'ipotesi in cui dalle dichiarazioni stesse potesse evincersi la precedente conclusione di un contratto preliminare di vendita immobiliare, di cui i pagamenti avrebbero costituito esecuzione, e ha rilevato che questo contratto avrebbe dovuto ritenersi nullo per difetto di forma — non essendo documentata la sua conclusione nella forma scritta richiesta dalla legge — sicché la prova testimoniale diretta a chiarirne il contenuto risultava irrilevante).

Cass. civ. n. 7590/1994

La forma scritta, quando è richiesta ad substantiam, è elemento costitutivo del contratto, nel senso che il documento deve contenere l'estrinsecazione diretta della volontà delle parti di concludere quel determinato negozio; pertanto, al fine di dimostrare l'avvenuta stipulazione di un contratto per il quale la forma scritta è richiesta ad substantiam non sono sufficienti né la produzione di un documento che si limiti a riconoscere il fatto storico l'avvenuta conclusione né la concorde ammissione delle parti che il contratto stesso fu stipulato nella forma scritta.

Cass. civ. n. 6712/1994

Il consenso espresso verbalmente dal proprietario di un fondo alla costruzione da parte del vicino di una terrazza a distanza illegale è inidoneo alla costituzione di un vincolo di natura reale essendo prescritta per la costituzione delle servitù la forma scritta ad substantiam (art. 1350 n. 4 c.c.), con la conseguenza che è inammissibile la prova testimoniale articolata sul punto (artt. 2724, 2725 c.c.).

Cass. civ. n. 3706/1994

Per il mandato a stipulare una compravendita immobiliare, essendo la forma scritta richiesta ad substantiam è necessario che risultino per iscritto sia la proposta del mandante che l'accettazione del mandatario, anche se non espresse contestualmente; ne consegue che la ricognizione dell'avvenuto conferimento del mandato contenuta in una lettera proveniente da una delle dette parti, anche se accompagnata da una quietanza, non configura la documentazione necessaria a provare l'incontro dei consensi. 

Cass. civ. n. 6024/1993

Il pactum fiduciae, con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da quest'ultimo designato, richiede, allorché riguardi beni immobili, la forma scritta ad substantiam, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l'art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma dei contratto definitivo.

Cass. civ. n. 5486/1993

In un contratto per cui sia richiesta la forma scritta ad substantiam, come nel caso di preliminare di compravendita immobiliare, l'esigenza dell'elemento formale investe le dichiarazioni di entrambe le parti, che, quindi, devono esser manifestate in forma scritta, senza possibilità di equipollenti, sicché l'accettazione della proposta non può essere desunta da comportamenti concludenti, ancorché l'accettazione in forma tacita sia stata prevista dalle parti, in quanto non è a queste consentito di derogare alla disciplina legale della forma dei contratti.

Cass. civ. n. 143/1993

In tema di condominio di edifici l'innalzamento del solaio concordato fra i proprietari dei piani interessati non può valere a trasformare in proprietà esclusiva del titolare del locale sottostante la zona di proprietà comune corrispondente al solaio preesistente in difetto di un atto scritto di trasferimento della proprietà a norma dell'art. 1350, n. 1, c.c., onde la permanenza nella stessa zona di proprietà comune della tubatura fognaria che in precedenza vi si trovava, sia pure incorporata nel solaio, non può essere qualificata nuova servitù, per la cui costituzione sia necessaria la forma scritta a norma dell'art. 1350, n. 4, c.c.

Cass. civ. n. 12411/1991

Nei contratti a forma vincolata non occorre che la volontà negoziale sia manifestata da entrambi i contraenti contestualmente e contemporaneamente, per modo che il requisito della forma scritta ad substantiam, in caso di sottoscrizioni contenute in due documenti diversi, deve intendersi osservato anche quando la seconda sottoscrizione sia espressa in un documento separato, se questo sia inscindibilmente collegato al primo, sì da evidenziare inequivocabilmente l'incontro dei consensi nelle suddette forme. (Nella specie, in base all'enunciato principio la S.C. ha annullato per difetto di motivazione la decisione in cui i giudici del merito con riguardo ad un contratto preliminare di vendita, che — sottoscritto solo dal promittente alienante — indicava espressamente il rilascio da parte del promissario acquirente di un assegno in conto prezzo, avevano escluso alla sottoscrizione di tale titolo valore di manifestazione dell'accettazione).

Cass. civ. n. 11840/1991

La vendita di cosa futura, pur non comportando il passaggio della proprietà della cosa al compratore simultaneamente per effetto della semplice manifestazione del consenso, non costituisce un negozio a formazione progressiva suscettibile soltanto di effetti meramente preliminari, aventi per contenuto quello di porre in essere un successivo negozio, ma configura un'ipotesi di contratto definitivo di vendita obbligatoria, di per sé idoneo e sufficiente a produrre l'effetto traslativo della proprietà al momento in cui la cosa verrà ad esistenza a norma dell'art. 1472 c.c. Da ciò consegue che il contratto definitivo di vendita di immobile futuro deve a norma dell'art. 1350 c.c. rivestire ad substantiam la forma scritta e che alla stessa forma è assoggettato l'accordo risolutorio del contratto predetto, giacché le esigenze che sono a fondamento della prescrizione della forma scritta con riguardo ad un determinato contratto sussistano anche per l'accordo risolutorio di esso.

Cass. civ. n. 11620/1990

L'onere della forma scritta nei contratti previsto dall'art. 1350 c.c. non riguarda il comodato immobiliare, anche se di durata ultranovennale, il quale può essere provato per testi ed anche per presunzioni.

Cass. civ. n. 7630/1990

Le limitazioni al contenuto dei diritti di proprietà esclusiva spettanti ai singoli condomini quali quelle consistenti nel divieto di dare alle singole unità immobiliari una o più destinazioni possibili, per l'utilità generale dell'intero edificio introdotte con un regolamento di condominio approvato in assemblea, poiché generano dal lato passivo degli oneri reali incidendo sulla proprietà dei singoli, richiedono, a pena di nullità, l'unanimità dei consensi dei condomini e nel caso che taluno di essi si sia fatto rappresentare in assemblea è necessario che il conferimento del mandato risulti da atto scritto secondo la previsione di cui agli artt. 1392 e 1350 c.c.

Cass. civ. n. 4118/1990

L'interposizione reale di persone, che si configura quando un soggetto interposto, d'intesa con altro soggetto (interponente), contratta in nome proprio ed acquista effettivamente i diritti nascenti dal contratto con l'obbligo derivante dal rapporto interno con l'interponente di trasmettere a quest'ultimo i diritti così acquistati, ove riguardi il trasferimento di beni immobili deve risultare a pena di nullità da atto scritto a norma dell'art. 1351 c.c., in relazione all'art. 1350, n. 1 stesso codice. Pertanto la prova di detto rapporto non può essere fornita che mediante esibizione dell'atto scritto.

Cass. civ. n. 3440/1990

Anche l'atto di citazione, ove contenga la manifestazione della volontà di avvalersi della scrittura da parte del contraente che non l'ha sottoscritta, realizza un equivalente della sottoscrizione mancante, data la natura della citazione di atto unilaterale recettizio idoneo a determinare effetti sostanziali per l'attore che con il rilascio della procura in calce o a margine della stessa, ne fa proprio il contenuto e in pari tempo soddisfa il requisito della sottoscrizione.

Cass. civ. n. 2349/1990

L'atto scritto richiesto dalla legge ad substantiam per la validità dei negozi traslativi di diritti immobiliari deve essere rappresentato non da un qualsiasi documento da cui il contratto risulti in precedenza concluso, ma da uno scritto che costituisca l'estrinsecazione formale e diretta della volontà negoziale delle parti. Il giudizio al riguardo espresso dal giudice di merito involge un apprezzamento di fatto che, in quanto sorretto da motivazione esauriente ed immune da vizi logici o da errori di diritto, si sottrae al sindacato di legittimità.

Cass. civ. n. 2065/1989

Ad integrare fatto scritto, richiesto ad substantiam per i contratti che trasferiscono la proprietà di immobili, non è sufficiente un qualsiasi documento, ma è necessario che lo scritto contenga la manifestazione di volontà di concludere il contratto e sia posto in essere dalle parti al fine specifico di manifestare tale volontà. Tale non è una dichiarazione di quietanza, che presuppone il contratto e dà la prova dell'avvenuto adempimento, ma non pone in essere il contratto stesso.

Cass. civ. n. 2317/1988

Poiché il trasferimento della proprietà di un bene immobile o la costituzione di un diritto di superficie richiedono, ai sensi dell'art. 1350 c.c., che sia redatto in forma scritta il relativo atto negoziale, non soddisfano tale esigenze le dichiarazioni scritte rese ad altri fini alla pubblica amministrazione quale la richiesta di accatastamento dell'immobile.

Cass. civ. n. 6588/1983

Quando un negozio debba redigersi per iscritto ad substantiam, l'incontro delle volontà su tutti gli elementi essenziali del negozio deve risultare dallo scritto, sicché la determinazione o determinabilità dell'oggetto non può ricavarsi aliunde. Il requisito della determinabilità dell'oggetto in un contratto preliminare o definitivo di compravendita di un terreno da staccarsi da una maggiore estensione, qualora si accerti che questa è considerata dalle parti, come genus, sussiste quando, essendo stata individuata in contratto per iscritto la maggiore estensione dalla quale operare il distacco, e stabilita per iscritto la misura esatta della estensione da distaccare, per la determinazione di quest'ultima null'altro occorra se non l'adempimento del debitore, il quale, senza che sia richiesta alcuna nuova manifestazione di volontà delle parti, deve prestare il genus limitatum attenendosi al disposto dell'art. 1178 c.c.

Cass. civ. n. 3373/1983

L'esigenza della forma scritta ad substantiam sussiste per tutti i contratti degli enti pubblici in genere, compreso il contratto di lavoro privatistico, nei casi in cui ne è consentita la stipulazione alla pubblica amministrazione. Consegue che per la validità di tale contratto è, in ogni caso, necessaria l'esistenza di un qualsiasi atto scritto nel quale, anche implicitamente, sia manifestata la volontà — proveniente da organo idoneo ad impegnare l'ente pubblico — di costituire un determinato rapporto di lavoro e che, in mancanza di un tale pur minimo requisito formale, il contratto di lavoro è nullo per difetto di forma costitutiva, salva l'applicabilità della regola dell'art. 2126 c.c.

Cass. civ. n. 6239/1982

Il mandato, con o senza rappresentanza, per concludere un negozio per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam, deve essere rilasciato per iscritto a pena di nullità. Pertanto l'esistenza di un mandato ad alienare (o ad acquistare) immobili, anche per quanto riguarda l'accettazione del mandatario, non può essere desunta, sulla base di semplici presunzioni, dal comportamento esteriore del mandatario ed in ispecie da un mero comportamento, anche se concludente, come quello relativo alla stipulazione della vendita, dovendo essa risultare, non solo ai fini dell'opponibilità ai terzi, ma anche a quelli della sua validità fra le parti (mandante e mandatario) da atto scritto ad substantiam da cui risulti il suo consenso.

Cass. civ. n. 3839/1982

L'obbligo della forma scritta ad substantiam, con riguardo al contratto avente ad oggetto il trasferimento o la promessa di trasferimento di bene immobile, non investe anche gli elementi non essenziali del contratto stesso, quali quelli inerenti alle modalità d'esecuzione, che possono essere regolamentati con accordi autonomi, soggetti alla comune disciplina probatoria.

Cass. civ. n. 2551/1980

La nullità del mandato all'acquisto di beni immobili, da trasferire successivamente al mandante, per difetto di forma scritta, non osta a che il mandatario possa dare spontanea esecuzione agli accordi verbali intercorsi con il mandante, e, quindi, non può di per sè costituire ragione d'invalidità dell'atto scritto che ponga in essere l'indicato trasferimento.

Cass. civ. n. 4414/1977

Non ha carattere dispositivo di diritti reali immobiliari — e, perciò, non deve essere fatto necessariamente per iscritto — il negozio col quale i condomini di un edificio si limitano ad obbligarsi a demolire e ricostruire lo stabile senza pattuire anche diminuzioni delle rispettive proprietà esclusive o delle quote delle parti comuni, nel costruendo edificio, ovvero la costituzione di servitù o di pesi di altro genere.

Cass. civ. n. 3463/1976

Le limitazioni stabilite dalla legge in tema di prova dell'esistenza di un negozio giuridico, per il quale è richiesta la forma scritta non operano quando il negozio sia dedotto da un terzo come semplice fatto storico influente sulla decisione. (Fattispecie concernente azione revocatoria proposta dal fallimento con riguardo ad un atto di donazione indiretta compiuto dal fallito).

Cass. civ. n. 3407/1976

In tema di contratti richiedenti la forma scritta ad substantiam, la produzione in giudizio del documento difettante della sottoscrizione di una delle parti, fatta con il proposito di far valere il negozio in esso contenuto, può sopperire a detta mancanza solo qualora avvenga ad opera di quella parte, non anche degli eredi. Infatti, il destinatario della dichiarazione contrattuale sottoscritta dall'altra parte, fino a che non sottoscriva anch'egli il documento, e comunque compia detto atto equipollente della sottoscrizione, non acquisisce dalla dichiarazione medesima alcun diritto suscettibile di trasmissione.

Cass. civ. n. 1726/1976

Gli elementi essenziali di un contratto richiedente ad substantiam la forma scritta possono risultare anche da documenti non contestuali, tra cui esista correlazione, desumibile, dal giudice di merito, in mancanza di richiami espressi, anche dal contenuto oggettivo implicito dei documenti stessi.

Cass. civ. n. 2206/1975

Non può provarsi mediante confessione, anche se scritta, la stipulazione e il contenuto di un contratto per il quale la legge richiede la forma scritta ad substantiam e non ad probationem tantum.

Cass. civ. n. 3119/1973

Nei contratti per i quali è prescritta la forma scritta ad substantiam la conclusione tra persone lontane può ritenersi avverata allorquando alla proposta in forma scritta segua l'accettazione pure essa in forma scritta e che questa pervenga a conoscenza del proponente prima dell'eventuale revoca della proposta medesima.

Cass. civ. n. 1966/1971

Ai fini della validità della compravendita si deve distinguere il momento formativo dell'accordo da quello, diverso, del momento esecutivo dell'accordo già formato. Il pagamento del prezzo, che può essere anche non contestuale al contratto, attiene alla estinzione della obbligazione del compratore e, quindi, alla esecuzione del contratto. Consegue che, in tema di compravendita di immobili, solo l'accordo sulla cosa e sul prezzo deve avvenire, ai sensi dell'art. 1350 c.c., in forma scritta, mentre il negozio solutorio — che può essere anche non contestuale alla vendita immobiliare — può non essere redatto per iscritto e, per la sua autonomia dal contratto di vendita al quale è collegato, è ammissibile, per esso, la prova per testimoni e per presunzioni.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1350 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Gian C. T. chiede
martedì 22/09/2020 - Sardegna
“Sono un ferroviere in pensione, l'affittuario di un mio terreno, coltivatore diretto 87nne, ha un contratto verbale confermato nel 2015 che scade nel 2030. Un paio di mesi fa mi ha chiesto insistentemente di fargli un nuovo contratto scritto per nove anni che avrebbe pagato l'affitto annuo di trecento euro anziché i soliti 180 Euro. Ho rifiutato dicendogli che aveva già un contratto verbale scadente nel 2030 valevole a tutti gli effetti. Giorni fa mi ha mandato come canone annuo un vaglia di 300 euro anziché i soliti 180. Vorrei sapere come devo interpretale la cosa e se devo accettare i 300 Euro anche se non ho accettato la sua proposta di fare un nuovo contratto. Se accettando i 300 Euro in qualche modo installerei un nuovo contratto verbale scadente nel 2035. I primi mesi di quest'anno dovrebbe aver fatto il mod. M1 (Denuncia di contratto verbale di locazione e affitto) dell' Agenzia delle Entrate in quanto il precedente per un periodo di nove anni è scaduto il 31/12/2019. Ho fatto richiesta di copia di questo modello (quello eventualmente presentato i primi mesi di quest'anno) ma l'agenzia mi ha detto che mi avviseranno quando è pronto. Temo che passerà del tempo. Vorrei anche sapere se posso pretendere che mi dia copia lui del predetto mod. M1 e anche se in un contratto verbale agrario per un certo importo quando l'affittuario aumenta quest'ultimo si inizia per forza un nuovo contratto verbale. Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 25/09/2020
Contrariamente a quanto si possa comunemente pensare, nel nostro ordinamento non vi è l’obbligo di stipulare un contratto per mezzo della forma scritta: le parti possono anche validamente vincolarsi a voce mediante una semplice stretta di mano. Ai sensi dell’art. 1350 del c.c. la forma scritta diviene requisito di validità del contratto a pena di nullità dello stesso solo nei casi espressamente previsti dalla legge.
In questo senso il contratto di affitto di fondo rustico di cui alla L. n. 203 del 3 maggio 1982 non è tra quei rapporti contrattuali per cui la legge imponga la forma scritta pena di nullità.

Anche se ciò è vero, la forma scritta è sempre da preferirsi per tale tipologia di contratto per gli evidenti vantaggi che essa porta con sé, soprattutto quando il vincolo ha una durata considerevole.
Innanzitutto con la forma scritta è meno facile che possano avvenire fraintendimenti circa il contenuto degli obblighi assunti col contratto, come avvenuto nel caso di specie, . Inoltre, l’utilizzo della forma scritta rende estremamente più agevole la prova del contratto in giudizio nel caso in cui dovessero insorgere contenziosi tra le parti.

Fatta questa premessa, al pagamento di € 300,00 è giusto far seguire da parte del proprietario del fondo una raccomandata con la quale si specifica che l’accettazione e l’incasso di tale pagamento non deve intendersi come l’istaurazione di un nuovo vincolo contrattuale che sostituisce il precedente nei termini e nelle condizioni già pattuite. Nella medesima raccomandata si dovrà anche specificare che la somma verrà trattenuta in parte a titolo di pagamento della mensilità corrente già scaduta ed in parte come pagamento anticipato di parte della mensilità che maturerà il mese successivo, rimanendo comunque obbligato il coltivatore al pagamento di € 150 mensili. L’affittuario, quindi, per correttamente adempiere al pagamento del mese successivo dovrà versare l’ulteriore somma di € 30,00. Si vedrà poi come l’affittuario riscontrerà la comunicazione ricevuta.

Per concludere è giusto precisare che se l’affittuario ha provveduto di sua iniziativa a registrare il vincolo contrattuale presso l’Agenzia delle Entrate competente, è tenuto a darne comunicazione alla controparte comunicando gli estremi di avvenuta registrazione. Tale obbligo, seppur per ovvi motivi non espressamente previsto tra le clausole del contratto, deve farsi discendere da tutte quelle disposizioni del codice civile che impongono alle parti del contratto di comportarsi secondo le più elementari norme di correttezza e buona fede, su tutte gli artt. [n1175cc]] e 1375 del c.c. Si deve tener conto anche del fatto che da un punto di vista fiscale la registrazione del contratto era un adempimento che incombeva, oltre che sull’ affittuario coltivatore anche sul proprietario del fondo.

Gian C. T. chiede
domenica 20/10/2019 - Sardegna
“Sono locatore di un terreno non irriguo senza fabbricati di ha 3 are 40 ca67 rend. dom. € 105,56 agr. 61,58 che attualmente ha un valore stimato in € 20134. Il locatario ha un contratto verbale dal 10/11/2000 che poiché non c'è stata disdetta dal 10/11/2015 andrebbe a scadere il 10/11/2030. Questi ha presentato denuncia di contratto verbale da lui sottoscritta ( mod.1 ag. entrate) dal 10/11/2000 al 11/11/2010 e dal 11/11/2010 al 31/12/2019. Ora mi chiede un nuovo contratto scritto anche come patto in deroga sottolineando che la denuncia di contratto verbale scadrà il 31/12/19 e che qualora non venisse stipulato perderebbe le provvidenze comunitarie. La mia domanda è: sono obbligato a fargli un nuovo contratto scritto? Posso subordinare la cosa a un aumento del canone attualmente di € 180 annui? Grazie. Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 22/10/2019
Prima di rispondere alle domande contenute nel quesito, occorre tenere presente cosa prevede la normativa in materia.
Le circostanze che “il locatario è in pensione da parecchio tempo” e che la durata del rapporto sia dal 2000 al 2015 e dal 2015 al 2030 ci fa dedurre si tratti di un contratto d’affitto di terreno agricolo a coltivatore diretto.
Si applica dunque la disciplina contenuta nella L.203/1982.
In ogni caso, anche nell’ipotesi di coltivatore non diretto, l’art. 22 della predetta normativa prevede la durata minima di 15 anni.
Una durata inferiore è possibile ma solo tramite l’intervento delle associazioni professionali di categoria e tramite contratto scritto.

In base all’art. 4 della sopra citata legge, inoltre, in mancanza di disdetta di una delle parti, il contratto di affitto si intende tacitamente rinnovato di quindici anni. La disdetta deve essere comunicata almeno un anno prima della scadenza del contratto (e quindi al quattordicesimo anno) mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

A ciò si aggiunga che in base al successivo art. 5, l'affittuario coltivatore diretto può sempre recedere dal contratto col semplice preavviso da comunicarsi al locatore, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno un anno prima della scadenza dell'annata agraria.
Di contro, una tale facoltà di recesso non è concessa al locatore il quale (disdetta al quattordicesimo anno a parte) può solo richiedere la risoluzione per grave inadempimento dell’affittuario.

Circa l’aspetto della forma del contratto, in deroga a quanto previsto dall'art. 1350 c.c. esso è valido anche se non riveste la forma scritta (quest’ultima è richiesta ad probationem solo se si tratta di affitto a coltivatore non diretto).

Quanto invece all’aspetto della registrazione, come ha osservato la Suprema Corte con sentenza n. 132/2016, “la L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 346, non si applica ai contratti di affitto a coltivatore diretto, aventi ad oggetto terreni e fabbricati rurali, pur se soggetti all'obbligo della registrazione. Questi, perciò, sono validi ed hanno effetto riguardo ai terzi, a prescindere dall'adempimento dell'obbligo fiscale, anche se verbali o non trascritti, ai sensi della L. n. 203 del 1982, art. 41.”

Alla luce di quanto precede, in risposta alle domande contenute nel quesito possiamo affermare quanto segue.

Non essendovi un obbligo di legge in merito alla forma scritta di questo tipo di contratti, riteniamo che Lei non sia obbligato a fare un nuovo contratto scritto. Anche perché il contratto verbale, visto il tacito rinnovo, è pienamente valido ed efficace ed è in vigore fino al 2030.
Semmai, da un punto di vista fiscale, vi è l’obbligo della registrazione.

Di contro, quanto al subordinare il contratto scritto ad un aumento di canone una tale richiesta appare illegittima in quanto, in mancanza di una disdetta rimangono in vigore le pattuizioni del contratto verbale in scadenza al 2030.

Alessandra chiede
giovedì 09/12/2010
“cosa si intende per atti scrittura privata”
Consulenza legale i 11/12/2010

La scrittura privata non è definita dal nostro codice civile, il quale ne enuncia il nome e ne stabilisce l'efficacia negli art. 2702 del c.c. e ss. Questo articolo disciplina infatti il documento sottoscritto dal privato. Elemento essenziale affinché un atto rappresenti una scrittura privata è quindi la sua sottoscrizione.

La scrittura privata si differenzia dall'atto pubblico in quanto, non provenendo da un notaio o da altro pubblico ufficiale, non ha la stessa validità probatoria di quest'ultimo e fa piena prova soltanto contro colui che ha sottoscritto il documento e mai, invece, a favore. Tale efficacia probatoria, tuttavia, è subordinata al riconoscimento della sottoscrizione da parte di colui che ha apposto la stessa o al suo riconoscimento legale. L'autenticazione o il riconoscimento della sottoscrizione attribuiscono alla scrittura privata l'efficacia di piena prova, fino a querela di falso, della sola provenienza delle dichiarazioni da parte di chi ha sottoscritto il documento.


G. P. chiede
lunedì 14/08/2023
“Spett.le Brocardi,
Mi rivolgo a Voi per la seguente consulenza legale:
Antonio ha un terreno intercluso e Giovanni gli concede una servitù di passaggio al confine della sua proprietà in un tratto che risulta comodo per entrambi considerando che Antonio ha già una servitù accatastata che però attraversa il terreno di Giovanni. La nuova servitù non viene registrata.
La situazione di fatto rimane invariata nel corso degli anni.
Recentemente, visualizzando le mappe catastali della zona, si è venuto a scoprire che il terreno dove Giovanni ha concesso il transito (trattasi di una striscia di terra di un piccolo mappale di 410 mq) in realtà appartiene a Guido che ha il terreno confinante.
Questa situazione derivante da un errato rilievo tecnico che aveva compreso il suddetto mappale nella proprietà di Giovanni è andata avanti nel tempo dato che anche Guido, fino a questo momento, era ignaro della proprietà.
Adesso che Guido ha preso atto del possesso del terreno come deve comportarsi alla luce di questa situazione:
1) Guido si può opporre alla servitù dato che essa è stata concessa arbitrariamente sul suo terreno?
2) Dovrebbe essere Giovanni, dato il gravame della servitù accatastata, a individuare un eventuale nuovo percorso nel suo terreno per agevolare il transito di Antonio?
3) Se si dovesse lasciare lo status quo Antonio sarebbe tenuto a chiedere a Guido il permesso di transito registrando la nuova servitù?
4) La mancata registrazione della servitù comporta un danno a Guido ovvero ad Antonio e ai suoi eredi cui si potrebbe negare in futuro l’utilizzo della servitù?
5)È ipotizzabile che Antonio possa avanzare un diritto di usucapione in buona fede sulla servitù dato l’utilizzo da più di 10 anni?
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 22/08/2023
La fattispecie che qui viene descritta si caratterizza per la presenza di una prima servitù di passaggio regolarmente costituita e trascritta ed una seconda servitù di passaggio esistente solo in fatto ma non giuridicamente.
Ora, è ben noto che, secondo quanto disposto dall’art. 1031 del c.c., la costituzione della servitù può avvenire:
a) in attuazione di un obbligo di legge (c.d. servitù coattive)
b) per volontà dell’uomo (contratto o testamento): si parla in questi casi di servitù volontarie (art. 1058 del c.c.);
c) per usucapione (art. 1061 del c.c.);
d) per destinazione del padre di famiglia (art. 1062 del c.c.).

Concentrando l’attenzione sulle servitù volontarie, ed in particolare su quelle concluse per contratto, va detto che quest’ultimo, riferendosi ad un diritto reale immobiliare, deve necessariamente risultare da atto scritto (così il n. 4 dell’art. 1350 del c.c.; Cass. 27.4.2018 n. 17044) ed è soggetto, ai fini dell’opponibilità ai terzi, a trascrizione (così il n. 4 dell’art. 2643 del c.c.; Cass. 31.08.2018 n. 21501).
In particolare, il contratto (o il testamento) risulta indispensabile soltanto per la costituzione di servitù non apparenti, mentre quelle apparenti possono anche sorgere per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.

Si qualificano come “apparenti” quelle servitù al cui esercizio sono destinate opere, anche formatesi naturalmente (può essere tale, ad esempio, un sentiero creatosi per effetto del solo calpestio, cfr. Cass. 27.05.2009 n. 12362) visibili e permanenti, non importa se insistenti sul fondo servente o su quello dominante o sul fondo di terzi, purchè siano obiettivamente finalizzate all’esercizio della servitù.
In altre parole, occorre che queste opere rendano manifesta la soggezione alla servitù, intendendo il legislatore così evitare che la servitù sorga in base a manifestazioni non chiare ed equivoche, che, non incidendo sensibilmente sulla sfera altrui, possono anche essere state tollerate a titolo precario, magari per ragioni di buon vicinato.

Ebbene, sulla base dei brevi e sintetici concetti appena esposti, può senza alcun dubbio affermarsi che nel caso in esame non può dirsi validamente costituita alcuna volontaria servitù di passaggio a carico della striscia di terreno di proprietà di Guido ed a favore del terreno di proprietà di Antonio, considerato che non sono state minimamente rispettate le condizioni previste dalla legge per la giuridica esistenza di una servitù (atto scritto e trascrizione).
Tuttavia, tenuto conto che trattasi di servitù per il cui esercizio esistono opere visibili e permanenti, sussistono tutti i presupposti perché Antonio possa un giorno far valere la costituzione di quella servitù di passaggio per usucapione o antico possesso.

Si ricorda, infatti, che per usucapione possono acquistarsi sia la proprietà che i diritti reali di godimento (tra cui vi rientrano le servitù), ad eccezione delle servitù non apparenti.
In particolare, affinchè si verifichi l’usucapione, debbono concorrere i seguenti presupposti:
a) il possesso del bene, sia esso di buona che di mala fede. Va precisato che se il possesso illegittimo o di mala fede viene acquistato con violenza o clandestinità, il possesso utile per l’usucapione decorre solo dal momento in cui sono cessate la violenza o la clandestinità.
b) la continuità del possesso per un determinato periodo di tempo: la legge agevola il soggetto interessato a dimostrare la continuità del suo possesso con la cd. presunzione di possesso intermedio (art. 1142 del c.c.), in forza della quale è sufficiente che il possessore dimostri di possedere ora e di aver posseduto in un tempo più remoto. Spetta eventualmente a chi sostiene il contrario di dimostrare il suo assunto.
c) la non interruzione del possesso, che si ha allorquando, nel lasso di tempo richiesto dalla legge, non intervenga né una causa di interruzione c.d. naturale dell’usucapione né una causa di interruzione civile.
Va detto a tal proposito che le cause di interruzione civile dell’usucapione coincidono con quelle di interruzione della prescrizione e che la giurisprudenza ritiene tassativa l’elencazione degli atti interruttivi del possesso ad usucapionem contemplata dall’art. 2943 del c.c., a cui fa rinvio l’art. 1165 del c.c..
d) il decorso di un certo lasso di tempo, che gli artt. 1158, 1160 comma 1 e 1162 comma 2 c.c. fissano, di regola, in venti anni (c.d. usucapione ordinaria).

Trattasi di presupposti che, nel caso in esame, possono dirsi tutti sussistenti, il che consentirebbe ad Antonio, un giorno (ovvero al momento del maturarsi dei venti anni), di promuovere con esito positivo un giudizio di accertamento dell’intervenuta usucapione, giudizio che si concluderebbe con una sentenza avente valore meramente dichiarativo e non costitutivo (ciò perché l’acquisto del diritto in forza di usucapione avviene ex lege, nel momento stesso in cui matura il termine normativamente previsto).

Stando così le cose, dunque, si può adesso cercare di rispondere alle singole domande che nel quesito vengono poste.

1. Se non sono ancora decorsi venti anni, Guido si può ed anzi deve immediatamente opporsi alla servitù esercitata sulla striscia di terreno di sua proprietà ed a favore del fondo di Antonio.
Ci si può a tal fine avvalere di due forme di opposizione:
a) porre in essere un atto di interruzione naturale, ovvero chiudere il passaggio ad Antonio, il quale a sua volta potrà agire in giudizio con l’azione di reintegrazione entro il termine di un anno dall’avvenuto spoglio (art. 1167 del c.c.);
b) porre in essere un atto di interruzione civile ex artt. 1165 e 2943 c.c., sopra richiamati sub lettera c).

2. Su Giovanni non grava alcun onere di individuare un nuovo percorso sul suo terreno per agevolare il transito di Antonio. Quest’ultimo, infatti, gode già di una servitù di passaggio regolarmente costituita, della quale può benissimo avvalersi e che rende il suo fondo non più intercluso.

3. Mantenendosi la situazione attuale, Antonio non ha alcun obbligo di chiedere a Guido il permesso di attraversare il suo fondo, in quanto già si esercita tale diritto e sussistono opere visibili e permanenti che ne attestano l’esercizio.
Finchè nessuno si oppone, dunque, in favore di Antonio continua a decorrere il tempo utile per acquistare definitivamente quel diritto ex lege.

4. La mancata registrazione (sarebbe meglio dire “formalizzazione”) della servitù non comporta alcun danno per Antonio né per i suoi eredi.
Questi ultimi, in particolare, in assenza di alcun atto di opposizione da parte di Guido, potranno unire al loro possesso quello del loro dante causa Antonio (c.d. successione del possesso, a cui fa riferimento il primo comma dell’art. 1146 del c.c.), mentre in caso di trasferimento da parte di Antonio del fondo a terzi (es. per vendita), l’acquirente, che acquisisce il possesso a titolo particolare, può sommare al tempo del proprio possesso anche quello del suo dante causa (si parla in questo caso di accessione del possesso, a cui si fa riferimento al comma 2 dell’art. 1146 c.c.).
Per quanto concerne la posizione di Guido, la mancata formalizzazione di quella servitù può produrgli un danno nella misura in cui non ci si opponga ad essa, lasciando decorrere in favore di Antonio il termine utile ad usucapire.

5. All’ultima domanda, contrassegnata con il numero 5), si è data chiara risposta.
Occorre solo precisare che, in assenza di valido titolo (che qui, stando a quanto detto nel quesito, sembra non sussistere), il termine utile per usucapire non è di 10 anni, ma di venti (termine ordinario ex art. 1158 c.c.).

A. B. chiede
giovedì 23/06/2022 - Estero
“Gentili Signori,
ho bisogno ancora di un vostro parere. Ci siamo recentemente sentiti in merito ad una servitù di passaggio.
La controparte da me contattata ha risposto e afferma che per lei non esiste documentazione in merito alla servitù. Il passaggio usato attraverso gli anni è stato concesso, secondo lei, per bontà del padre recentemente deceduto.

Ora nell'atto di compra-vendita, registrato e conservato si legge chiaramente che l'accesso alla stalla e cortile, appartenenti alla proprietà M.N.2193 e M.N.2889, viene attraverso il pianterreno e corte della casa adiacente distinta con il M.N.2888.

La mia domanda è se l'atto di compravendita, che spedirò nella sua interezza, è anche valido come documentazione di una servitù di passaggio.

Cordiali saluti”
Consulenza legale i 30/06/2022
L’atto di provenienza trasmesso a questa Redazione può senza alcun dubbio valere quale valido titolo costitutivo della servitù che adesso il proprietario del fondo servente intende contestare.
Come si ritiene possa essere ben noto, la servitù di passaggio è il diritto reale di godimento che consente al titolare di un fondo di passare su un fondo altrui per accedere al proprio.
Si tratta di un diritto reale e non personale, ovvero il diritto appartiene al proprietario solo in quanto proprietario del “fondo dominante”.
Ciò significa che il passaggio di proprietà del fondo dominante comporta il trasferimento automatico del diritto di servitù anche senza che ne sia fatta espressa menzione nell’atto di trasferimento; a sua volta, il peso imposto sul “fondo servente” segue le vicende del fondo, passando da un proprietario all’altro, con il trasferimento del bene immobile.

In particolare, poi, la servitù di passaggio, il cui requisito indispensabile è che i fondi appartengano a proprietari diversi, ha lo scopo di realizzare l’utilità di passare attraverso un fondo per raggiungerne un altro.
Il fondo servente può anche essere chiuso con un cancello o recintato, ma in ogni caso deve essere consentito il passaggio al proprietario del fondo dominante, consegnandogli ad esempio le chiavi del cancello (Cass. civ. sez. VI, ord. 2/09/2019 n. 21928), dovendosi evitare di apporre ostacoli (come siepi, alberi etc..) che rendano più gravoso il passaggio.

L’art. 1031 c.c. individua i possibili modi per costituire una servitù, distinguendo innanzitutto tra servitù costituite volontariamente e servitù costituite coattivamente; tra le forme di costituzione volontaria possono individuarsi il contratto ed il testamento.
Nella specifica ipotesi di servitù costituita per contratto (fattispecie chiaramente ricorrente nel caso di specie), da esso devono risultare con certezza l’identificazione del fondo servente, del fondo dominante e dell’utilità derivante a quest’ultimo dal peso imposto sul primo fondo.

La forma del contratto deve essere, a pena di nullità, l’atto pubblico o la scrittura privata (in tal senso dispone il n. 4 del comma 1 dell’art. 1350 c.c.), mentre la trascrizione del contratto è necessaria ai fini dell’opponibilità ai terzi della servitù (così il corrispondente n. 4 del comma 1 dell’art. 2643 c.c.).
L’eventuale assenza di trascrizione non incide sulla valida costituzione della servitù, ma soltanto sulla sua efficacia, in quanto una servitù non trascritta non sarà opponibile ai successivi acquirenti e sarà destinata ad esplicare la sua efficacia soltanto a favore ed in danno di coloro che hanno sottoscritto il contratto che la costituisce.

Fatte queste necessarie premesse di carattere generale, può dirsi che nel caso di specie sussistono tutti i presupposti per poter confermare l’efficacia reale della servitù di cui si discute, e precisamente:
1. dall’atto costitutivo del 31.10.1940 risultano con certezza l’identificazione del fondo servente (mappale n. 2888), del fondo dominante (stalla e orto, mappali nn. 2193 e 2889), nonché l’utilità derivante a quest’ultimo dal peso imposto sul primo (accedere alla stalla e all’orto);
2. risulta rispettata la forma dell’atto pubblico, facendosi espressa menzione di essa alla pagina 3 dell’atto di vendita;
3. della medesima servitù, infine, si fa menzione nella nota di trascrizione del suddetto atto di vendita, il che determina la sua opponibilità c.d. erga omnes, ossia nei confronti di tutti coloro che nel corso del tempo diventeranno proprietari del fondo servente.

Pertanto, salvo il verificarsi medio tempore di una causa di estinzione della servitù (che, stando a quanto riferito, non dovrebbe sussistere), il titolo con relativa nota di trascrizione inviato a questa Redazione può sicuramente essere utilizzato per provare l’esistenza della servitù in favore del proprio fondo ed a carico del fondo servente identificato con il mappale n. 2888.

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